Imola, "per Senio e santerno condizioni di preallarme siccità"

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Il ciclo dell’acqua come si studia a scuola, con la freccia della pioggia che dalle nuvole va verso terra, indicando i fiumi e le piante, nel mondo agricolo non esiste più da tempo. L’intervento dell’uomo è sempre più essenziale per le coltivazioni. Lo sintetizza bene Giordano Zambrini, vicepresidente della Cia Imola: «Senza acqua non c’è vita, non c’è agricoltura». Il problema anche quest’anno si chiama siccità sebbene per ora la rete dei canali regga e le colture sul territorio stiano andando bene. Gli acquazzoni allora, come quello dell’altro ieri, diventano «benedetti, anche se piuttosto violenti», commenta Alessandro Scala, presidente della Coldiretti di Imola.

Siccità

In Romagna il caldo si fa sentire fin sottoterra, dove gli apparati radicali delle coltivazioni hanno bisogno di una determinata soglia di umidità per crescere bene. «Gli ultimi 10 anni sono stati in assoluto i più caldi della storia. È verosimile ipotizzare una condizione di sofferenza estiva – illustra Andrea Fabbri, caposettore delle attività agroambientali del Consorzio di bonifica della Romagna occidentale –. Per ora comunque il sistema regge: il consorzio è in grado di soddisfare il 100% della domanda del settore primario». Qualche numero dà un’idea di quanto sia secca la terra: «In Romagna le precipitazioni medie nel periodo estivo andavano dai 160 ai 180 millimetri. Negli ultimi anni si è registrato un calo del 20, 25% ed è probabile che anche quest’estate sia così. Già adesso nelle ore più calde abbiamo temperature per cui, tra evaporazione e traspirazione, il terreno è ai livelli di luglio». Il grande caldo è cioè in anticipo di un mese: «Il peggio di solito è nella prima decade di luglio, dove ci sono in media 6, 7 mm di evapotraspirazione. Corrispondono a 6, 7 litri di acqua al metro quadro persi» prosegue Fabbri.

Piogge e coltivazioni

La differenza la farebbe una pioggia primaverile «almeno una volta a settimana» ormai assente. Ma se «per il Senio e il Santerno cominciano a esserci condizioni di preallarme che potrebbero indurre Arpae a regolamentare i prelievi idrici, il nostro Consorzio che può gestire reti artificiali non corre questo rischio. Infatti, possiamo prelevare dal Cer, il Canale emiliano-romagnolo, cioè dal Po, che ha sì un livello più basso ma una tale portata da garantire il fabbisogno – spiega Fabbri, pur considerando che – si alimenta dai grandi laghi. Se in inverno non nevica il problema si sposta a monte». Per questo quando arrivano brevi temporali la terra ha un po’ di sollievo. Però non è oro tutto quel che luccica: «Sono caduti 35 mm d’acqua ma sono precipitazioni così violente che non consentono un adeguato assorbimento del terreno. L’80% dell’acqua se ne va – commenta Zambrini –. Bisogna lavorare su nuovi aspetti, modalità di irrigazioni sempre più mirate e magari sulla possibilità di raccogliere queste acque in invasi». Per ora le coltivazioni «stanno venendo avanti abbastanza bene, sia le frutticole, che le orticole e le cerealicole. Dopo il nostro consiglio generale avremo una fotografia più precisa», dice Scala. «È il momento di ripensare il modello del mercato che finora ha puntato con i vecchi incentivi solo alla produzione, oltre il fabbisogno. Questi cambiamenti mettono in difficoltà le aziende agricole e l’equilibrio del territorio», conclude Zambrini.

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