Imola, le favole al telefono di Marco Bertarini

Spettacoli

Per rimanere in contatto con i propri piccoli iscritti durante la chiusura, le biblioteche del Distretto culturale imolese offrono ai bambini dai 3 agli 8 anni l’ascolto a distanza di una storia che arriva a casa dai fili del telefono, con il progetto “Là fuori… Storie dalla biblioteca”.

L’iniziativa è a cura di Marco Bertarini, narratore con una lunga esperienza teatrale, che usa la voce come un trampolino per l’immaginazione. Non si tratta di un video o uno spettacolo dunque, ma di un racconto della durata di un quarto d’ora, dedicato a ogni bambino che ne farà richiesta. Aderiscono tutte le biblioteche del circondario imolese, frazioni comprese.

Bertarini, com’è nato questo progetto?

«Collaboro da diversi anni con le biblioteche del circondario, io sono un contastorie che mette a disposizione la narrazione orale per progetti di promozione della lettura, indirizzati in particolare all’infanzia. Inizialmente questa iniziativa è nata a marzo, su mia decisione personale. Durante il lockdown tanti colleghi attori, bibliotecari e anche volontari hanno inondato il web con materiali video, ma ho ritenuto che per me fosse più congeniale fare delle telefonate. Interagivo ogni volta con un bambino diverso, dedicandogli la storia, e in questo modo l’ascolto non era passivo. Il 21 marzo ho pubblicato un annuncio sui miei canali social scrivendo che avrei cominciato a raccogliere le richieste, e per i due mesi successivi ne sono arrivate pure dalla Toscana, dalla Sardegna… Addirittura una famiglia mi ha chiamato da Israele. Io sto a Modena e lavoro principalmente in Emilia-Romagna, ma anche in altre regioni, finendo così per conoscere tante persone. Questo autunno avrei dovuto tenere degli incontri in presenza nelle biblioteche del circondario, ma sono saltati a causa della pandemia e quindi abbiamo pensato di convertirli nelle storie al telefono. Abbiamo cominciato il 23 novembre e proseguiremo fino al 31 dicembre».

Le sembra che la risposta sia stata positiva?

«Decisamente, faccio diverse telefonate al giorno per riuscire a contattare ogni bambino. Ci tengo a sottolineare che tutto avviene esclusivamente in modalità audio: la nostra epoca è definita dal primato delle immagini sulle parole, ma la mia narrazione predilige queste ultime, che costituiscono uno stimolo, un punto di partenza per la fantasia dei bambini. Chiedo sempre di usare il vivavoce, in modo che possano sentirmi anche i genitori ed eventuali fratelli e sorelle, riuniti attorno al telefono. Da quanto mi viene riferito, possono essere pure in quattro o cinque ad ascoltare la storia, che dura circa dieci, quindici minuti. Finora ho raccolto feedback entusiasti, sia da parte dei bambini che dei loro genitori».

Il pensiero va subito alle “Favole al telefono” di Gianni Rodari, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita. Come vengono selezionate le storie?

«L’idea di ricorrere alle sole chiamate vocali infatti viene da lì, oltre che dal pensiero di tutelare l’identità dei piccoli ascoltatori. Le storie fanno parte del mio repertorio, possono essere fiabe o miti della tradizione orale di varie culture, ma anche favole moderne di Gianni Rodari, Bernard Friot o Nicola Cinquetti, che ha vinto il Premio Andersen 2020 come migliore autore. Solitamente le propongo in base all’età dei bambini, che mi viene comunicata prima, così da poter calibrare meglio il racconto. Per me costituisce un buon allenamento, dato che non posso guardare in faccia chi mi ascolta per misurarne le espressioni e le reazioni, ma a mia volta sento i rumori e i suoni dall’altro capo della linea. Chiaramente un bambino di 4 anni ti presta attenzione in modo diverso da uno che ne ha quasi 9, specialmente quando a parlargli è uno sconosciuto, ma può benissimo succedere che anche i fratelli più grandi si mettano in ascolto».

E non è affatto scontato, visto che sempre più bambini sono abituati a smanettare con tablet e cellulari fin da piccolissimi.

«Infatti sono contento che stia funzionando. Può capitare che all’inizio della chiamata mi chiedano di “accendere il video”, ma io chiarisco sempre qual è la modalità di fruizione del racconto, e mi pare che i bambini si adattino volentieri. Sono convinto che uno stimolo simile per la fantasia, che tutti dovremmo considerare un valore aggiunto, possa costituire anche un immaginario per trovare delle soluzioni alternative ai problemi che la vita ci presenta, lungo nuovi percorsi che magari nell’immediato non vediamo perché siamo condizionati da rappresentazioni potenti e straordinarie, al cinema, in tv e nei libri stessi. Intendiamoci, non si tratta di stabilire una gerarchia, ma semplicemente di affiancare a queste figure quelle che ognuno si crea da sé».

«Noi adulti – aggiungeBertarini – crediamo ci sia sempre bisogno di escogitare opere multimediali curatissime e stupefacenti, ma per quanto mi riguarda ho a che fare con bambini molto contenti di stare ad ascoltarmi, se la narrazione è efficace. Le bibliotecarie del circondario mi hanno detto che in tanti chiedono il bis!».

Forse è merito anche di come sono organizzate le telefonate?

«Certamente può incidere l’attesa che deriva dall’aver fissato un giorno e un’ora precisi. È come un piccolo rito, in questo periodo nel quale le nostre occasioni di socialità si sono ridotte enormemente. Faccio in modo di chiamare all’orario stabilito secondo la disponibilità delle famiglie, di solito tra le 18 e il dopocena, creando un appuntamento all’interno della loro routine. Le famiglie interessate infatti contattano la biblioteca della propria città tramite telefono o via mail, lasciando un numero che poi viene passato a me».

E poi?

«Dopodiché io mando un messaggio per concordare la telefonata, che avviene nell’arco di due o tre giorni. Credo che soprattutto a marzo questi appuntamenti abbiano aiutato a spezzare il ritmo monotono delle giornate di molti bambini, visto che erano tutti chiusi in casa, ma anche adesso dai genitori mi arrivano messaggi che dicono: mio figlio è impaziente di sentirti, non sta più nella pelle!».

Ha avuto modo di osservare delle situazioni particolari?

«Fortunatamente ora la maggior parte dei bambini a cui si rivolge il progetto va a scuola, ma è già capitato qualche caso di famiglie in quarantena o positive al Covid, con i figli costretti nuovamente a non uscire e per i quali anche una telefonata può essere un punto di contatto con l’esterno. Dedicare del tempo a raccontare loro una storia personalizzata diventa un segno di attenzione, poiché non è riproducibile sempre uguale all’infinito e non ne sono fruitori anonimi. Specialmente in ambito culturale dovremmo essere in grado di tutelare anche queste relazioni estemporanee, senza pensare solo ai grandi eventi. Le piccole iniziative hanno comunque un pubblico, e per i bambini a cui telefono in futuro questa esperienza potrebbe contare tanto quanto un concerto a cui avranno assistito con migliaia di persone, chissà. Se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato, è che non dovremmo mai dimenticarci di curare i rapporti uno a uno».

Info: 0542 602630 prestiti.casapiani@comune.imola.bo.it

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