Imola, la signora del calcestruzzo islandese è di Imola

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È arrivata inaspettata la sorpresa del titolo onorifico a Sofia Nannini, giovane assegnista imolese, che venerdì scorso è stata nominata membra onoraria della Icelandic concrete society, l’associazione islandese del calcestruzzo. La nomina, avvenuta a Reykjavik durante la conferenza organizzata per i 50 anni dell’associazione, la rende così la prima donna e la prima under 60 in un circolo finora composto solo da ingegneri uomini. «Mi avevano chiamata per introdurre la giornata con un talk sulla storia dell’uso del calcestruzzo in Islanda, poiché vi ho fatto la mia tesi di dottorato, e poi è arrivata la sorpresa. Sono molto grata. Il mio contributo, da persona straniera che ha studiato la loro storia, poteva essere visto un po’ come un’invasione di campo e invece è stato accolto con grande curiosità e riconoscimento», racconta Nannini, con un sorriso che la dice lunga sul suo rapporto d’affetto con l’Islanda, che nasce da lontano.

La passione per l’Islanda

«Non è nata per l’architettura ma per la lingua, in realtà – spiega Nannini, che al momento è assegnista di ricerca al dipartimento di architettura di Bologna, dopo un dottorato al Politecnico di Torino e una laurea in Ingegneria edile-Architettura a Bologna –. Sono appassionata della lingua islandese fin dal liceo, tanto da andarci per un corso di lingua all’ultimo anno di università. In quell’occasione mi resi conto che il 90% delle loro architetture sono in calcestruzzo, un dato inaspettato». Nel frattempo, la vena storica era già viva: «Stavo lavorando alla tesi di laurea in storia dell’architettura, scelta piuttosto rara in quella facoltà, sul calcestruzzo nel lavoro di Pierluigi Nervi, in particolare sulla Manifattura Tabacchi di Bologna – racconta Nannini, che ha saputo nel tempo coniugare in modo atipico binari solitamente paralleli, l’ingegneria alla storia dell’arte, il calcestruzzo al racconto –. Ero anche direttrice della rivista degli studenti Edarchibo. Forse grazie a questo mi sono avvicinata al mondo della scrittura sull’architettura, che oggi è il mio lavoro».

Architettura razionalista

La ricerca di un equilibrio che «tenga insieme la storia, la cultura e le materie tecniche» è tuttora presente nel lavoro di Nannini, ora attiva anche vicino casa, tra Bologna e la Romagna. «Ora studio le colonie per l’infanzia, nel passaggio di consegne tra l’epoca fascista e quella repubblicana, e la nostra zona è importante. Ce n’era una anche a Imola, ora distrutta: era elioterapica nella zona di Montebello». Di suo interesse anche il tema del “difficult heritage”, cioè del patrimonio architettonico “scomodo” di epoca fascista e del rapporto con le nuove generazioni: «Con un gruppo di ricerca di Bologna sto lavorando sulla figura dell’architetto imolese Adriano Marabini, famoso per il palazzo del fascio. Con il supporto della Fondazione della Cassa di risparmio di Imola, proprietaria dell’archivio, prossimamente uscirà un lavoro monografico».

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