Imola, il progetto di Isaac per il Benin nel nome di don Dino

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«Perdona sempre, non odiare mai». «Non chiedere mai niente, ma rimboccati le maniche e conta solo sulle tue braccia e sulle tue mani». Gli insegnamenti di don Dino Favaretto, che per lui e i suoi fratelli è stato un padre, una madre, un nonno, e non solo un educatore, gli risuonano in testa anche oggi che Isaac Gangbo ha 51 anni. Lui è uno dei “ragazzi di don Dino”, vale a dire del collegio-orfanotrofio di Santa Caterina, e adesso, da uomo, vuole rendere ai bambini abbandonati del suo paese di origine, il Benin, un poco di quello che lui ha avuto. «Un tetto, un’educazione, imparare un lavoro per viverne, come don Dino ha insegnato a me e ai miei fratelli». «Quando da piccolo sentivo che dicevano di me “è un ragazzo di don Dino”, capivo che era come se dicessero “poverino”. Ma poverino cosa? Io nella sfortuna dell’abbandono ho conosciuto una persona straordinaria e sono diventato quello che sono. Allora soffrivo è vero, ma non mi sentito per niente povero».

La formazione

Isaac e i suoi cinque fratelli, la sorella fu ospitata invece dalle suore dell’Oasi, restarono soli a Imola abbandonati dal padre tornato in Africa con la seconda moglie, dopo che li aveva portati con sé in Italia. «Dagli 11 ai 26 anni ho vissuto a Santa Caterina – racconta Isaac che oggi è uno stimato artigiano, restauratore di mobili e ha un suo laboratorio –. Ricordo che avevo dentro di me tutto il risentimento del mondo, eppure don Dino mi diceva che dovevo amare anche mio padre. Ora so che era l’inizio dell’insegnamento di una vita. Eravamo allora 120 ragazzi e bambini a Santa Caterina, un po’ di italiani e il resto da tutte le parti del mondo. Don Dino non faceva nessuna distinzione e aveva la capacità di capire cosa c’era in ciascuno di noi e ci avviava sulla nostra strada. A me ad esempio piacevano le cose vecchie, così dopo avermi permesso di andare nel laboratorio del falegname che lavorava allora per Santa Caterina, Gerardo, una volta che sono stato un po’ più grande mi ha fatto fare un corso di restauro di tre anni a Montericco. Poi il mio primo lavoro è stato al laboratorio “Il nemico del tarlo” di Romeo Mariani e Paola Castellari a Toscanella. Quando ho avuto un lavoro e i miei primi guadagni ho deciso che era ora di tornare in Benin per rivedere mio padre, dopo 15 anni, e mia madre, lei era sempre rimasta lì e non la vedevo da quando di anni ne avevo 7».

Il progetto in Africa

Fu il viaggio della svolta. Necessario per fare i conti con il proprio passato, ma anche utile per mettere la prima pietra di un nuovo pezzo di futuro. «Vidi subito che c’erano nella mia città tanti bambini abbandonati e io che l’abbandono lo avevo vissuto, mi chiesi cosa avrei potuto fare per aiutarli. Volevo che quei bambini avessero almeno un poco di quello che avevo avuto io. Intanto don Dino era morto e per me era stato un dolore lacerante». Tornato in Italia, Isaac ha cominciato a mettere da parte qualche soldo del suo lavoro, ha conosciuto un amico, Franco Castellari, titolare della palestra Young Line. «Con l’aiuto di Franco ho comprato un terreno nel comune di Seme Pogji a 20 chilometri dalla capitale Cotonu e lì ho iniziato la costruzione dell’orfanotrofio “Don Dino Favaretto in Benin”, che avrà una scuola dei mestieri». Oggi c’è un edificio in costruzione, di bambini ce ne vivono una decina, fra cui alcuni sono figli del guardiano, si sono trasferiti lì dopo che questi ha perso la propria casa. Ma l’obiettivo è accoglierne una cinquantina. «Sto andando avanti a rilento lo so, ma ad agosto tornerò per capire come procedere con il tetto, il preventivo iniziale era di 18mila euro, ma certamente adesso costerà di più», dice Isaac.

Il mercatino di don Dino

«Per raccogliere fondi per il progetto, nel 2019 su iniziativa di due volontari di Santa Caterina Franz Holler e la moglie Viviana è nato il “Mercatino di don Dino”. Siamo rimasti chiusi a lungo per il Covid ma da quest’anno siamo partiti a pieno ritmo e in regola con l’associazione don Dino, di cui ora sono presidente», spiega Isaac. Il mercatino di don Dino è in via Treves 10/H, nella parte sottostante i capannoni dove Isaac ha il proprio laboratorio di restauro, ci lavora un nutrito gruppo di volontari e apre il giovedì pomeriggio dalle 14.30 alle 17.30 e il sabato mattina dalle 9.30 alle 12. Qui chiunque può portare cose che non usa più, abiti, oggetti, libri, e chiunque può andare a comprarli a poco prezzo. Resterà chiuso ad agosto e ripartirà a inizio settembre, ma ogni giorno è comunque buono per donare accordandosi per le consegne. Info: 3498092768, 3334786054, 3476431784

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