Imola, il medico: " Un anno fa l'ospedale già pieno per Covid"

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«Nella stagione autunnale in cui normalmente tutte le virosi riprendono piede ci aspettiamo una recrudescenza del Covid, anche se questa volta abbiamo un vantaggio: il vaccino, anzi una doppia vaccinazione». A parlare è Stefano Pasquali, primario del reparto di Medicina B, il primo vaccinato a Imola un anno fa, il primo anche ad avere la terza dose, già coordinatore, per le tre ondate passate, del reparto Covid dell’ospedale di Imola. «Una situazione ben diversa oggi. Fin qui, abbiamo dovuto attrezzare solo un mini reparto con tre letti per i sospetti positivi che poi, solo dopo un doppio tampone negativo vengono trasferiti nel reparto “pulito” oppure, in caso di positività, vengono trasferiti a Bologna». Il dottor Pasquali spiega che non è dato prevedere ciò che accadrà, anche se. In ogni caso ormai è rodato un protocollo che scatta in caso di peggioramento della situazione epidemiologica. «L’anno scorso, di questi giorni avevamo già molti casi positivi ricoverati qui e Bologna non ne prendeva più. Quest’anno i positivi che sono arrivati con sintomi, erano in genere vaccinati e se la sono cavata veramente con poco e in pochi giorni – spiega il medico –. Ormai è noto che anche chi si è vaccinato può ammalarsi, anche se contrae infezione di solito forma lieve e non necessita di ricovero. Abbiamo visto però polmoniti anche in pazienti vaccinati sia pure con un esito molto più favorevole rispetto a ciò che vedevamo un anno fa». Lui nel vaccino ha piena fiducia, non a caso ha il suo “primato” di cui va fiero. «Sono anche il primo vaccinato fra i medici con terza dose – sorride – da ora verranno calendarizzate le terze dosi anche per tutti gli altri colleghi e operatori. Credo che la terza dose sia necessaria velocemente per la popolazione degli anziani fragili e nelle case di riposo. Dobbiamo far sì, e sperare, che la situazione si mantenga. Soprattutto ora che abbiamo ricominciato a rispondere anche ad altre patologie importanti che erano rimaste in stand by. L’ospedale è uno, e se deve cedere letti per il Covid vorrebbe dire bloccare di nuovo tutto il resto».

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