Imola, giovani e salute mentale: "La pandemia aggrava i pericoli"

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L’attenzione verso la salute mentale è esplosa nell’ultimo anno. Il vocabolario per parlarne si è arricchito ma la lente per mettere a fuoco il fenomeno, che interessa tra gli altri in particolare i più giovani, deve essere orientata molto più indietro di due anni fa. Perché se non è vero che è stata la pandemia a provocare i disturbi nei bambini e negli adolescenti, di certo li ha acuiti. E tra questi spiccano i disturbi del comportamento alimentare, in crescita tra gli altri. A testimoniarlo, la direttrice facente funzione dell’Unità operativa complessa della Neuropsichiatria infantile dell’Ausl di Imola, Elisabetta Zucchini, e la referente per la Neuropsichiatria infantile e i disturbi del comportamento alimentare, Barbara Filippi.

Trend in crescita

La percezione che abbiamo di un’esplosione di bisogni relativi alla salute mentale è parzialmente falsata. L’esigenza c’era anche prima, ma ne è cambiata la natura: «L’incremento degli accessi, non solo a Imola ma in tutta la Regione, è in atto da almeno una decina d’anni, nei quali i pazienti sono quasi raddoppiati. Se in totale a Imola, complessivamente, ci sono circa 2.100 prese in carico, vediamo un aumento indicativo di 200 pazienti l’anno. Tanto che il fenomeno era già stato rilevato. In parte è dovuto alla maggior attenzione e preparazione delle famiglie, degli insegnanti e degli educatori – ha spiegato Zucchini –. Il recente cambiamento però è stato soprattutto qualitativo. Se nell’ultimo anno e mezzo, dopo una lieve flessione nei primi mesi del 2020 dovuta alle restrizioni del lockdown, l’aumento annuo è stato del 10-11%, cioè in linea con il trend precedente o forse qualcosa di più, è l’urgenza ad essere cambiata».

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