Imola, continua la chiusura delle edicole

Imola

IMOLA. I tempi in cui l’edicola rappresentava un investimento (quasi) sicuro sembrano finiti. A Imola complessivamente risultano aperte oggi 18 edicole, alcune delle quali sono anche bar e tabaccherie. Negli ultimi anni una decina di edicolanti imolesi hanno abbassato la saracinesca per l’ultima volta. Altre continuano a chiudere e infittiscono il cimitero di edicole. Non per ultima, quella in via Pisacane a fianco dell’Hotel Olimpia.

Chi resiste

Da qualche settimana però, sfidando il mercato, i titolari del bar dell’ospedale Santa Maria della Scaletta hanno aperto una piccola rivendita di quotidiani e riviste raccogliendo le richieste di tanti cittadini. «Quando abbiamo visto che al posto dell’edicola apriva un negozio di intimo, abbiamo deciso di farci carico noi delle richieste che provenivano da pazienti, familiari, medici e infermieri – spiega Silvia, la barista che nelle scorse settimane ha subito una parziale metamorfosi a edicolante –. La prima settimana pochi sapevano dell’apertura, ma ora piano piano viene sempre più gente. Per noi vuol dire più lavoro ma siamo contenti di poter offrire un servizio in più al cliente». Intenzioni simili anche per i titolari del bar tabaccheria Borghetto: «Una decina di anni fa abbiamo aperto l’edicola per affiancare il bar e meglio accontentare i clienti, che dopo la spesa o il caffè possono decidere di comprare una rivista o il giornale» spiega Matteo Franzoni, giovane edicolante e barista del Borghetto.

Chi lascia

Ma per uno che apre ce ne sono due che chiudono. Com’è successo all’edicola sotto la torre dell’orologio, chiusa l’anno scorso, e al chiosco di via D’Azeglio con ancora affisso il cartello “Vendesi”. «Adesso in centro è rimasta soltanto la mia edicola – dice Claudia Martini – e per garantire il servizio resto aperta tutti i giorni, con me lavora oggi anche mia figlia. Non siamo solo un’edicola, cerchiamo di essere un punto di riferimento nel centro storico per il cliente con cui cerchiamo di instaurare un rapporto. Ad esempio, in molti ci mandano messaggini per farsi tenere da parte quello che leggono o richiedere una rivista specifica».

Il sindacato

Si è tenuta poche settimane fa, la “Notte Bianca degli edicolanti” in cui un’edicola per provincia, in questo caso era un’edicola di Bologna, restava aperta fino a mezzanotte nel tentativo di concentrare lì l’attenzione politica. «Abbiamo in programma di farne un’altra dopo aprile, esteso a tutti gli edicolanti. Anche se siamo preoccupati in caso dovessero chiudere le edicole per l’allerta virus» dice Giuseppe Marchica, segretario Sinagi. «Imola questa volta non ha potuto aderire – dice Claudia Martini – ma spero in futuro ci venga concesso maggiore aiuto dai distributori e dai sindacati». Sebbene la moria di edicolanti possa sembrare un grido improvviso, non lo è affatto.

«È il risultato di un processo graduale, sono 10 anni che noi cerchiamo di far presente il problema alla politica ma non veniamo ascoltati. Gli investimenti nell’editoria sono fermi da 10 anni e i pochi che si fanno non sono corali ma decisioni di singoli editori. Ad esempio, i dati mostrano che quando insieme al giornale si vendono inserti e analisi le copie vendute aumentano» spiega ancora Marchica. Molti edicolanti imolesi si sentono fra l’incudine e il martello in una gara sleale con gli editori, i quali, spiega Marchica, «per far quadrare il bilancio e accaparrarsi più pubblicità vendono abbonamenti a prezzi stracciati intrappolando il cliente fuori dal circuito delle edicole. Ma in realtà è un suicidio per gli editori. Solo nel breve periodo incassano perché dopo aver concluso un abbonamento pochi ne sottoscrivono un altro. La maggior parte degli introiti viene ancora dalla carta, e c’è bisogno quindi che gli editori tornino ad investire qui» conclude Marchica. Ma se gli editori non offrono la mano, nemmeno tutti i giornalai lo fanno. Nemmeno quando a disposizione c’è un sistema, ReteEdicola, che mette in comunicazione gli edicolanti della stessa zona. «Siamo commercianti in una gara da un solo vincitore, in molti temono la concorrenza e preferiscono fare orecchie da mercanti» spiega un edicolante che preferisce restare anonimo.

Per sopravvivere, gli edicolanti hanno dovuto riciclarsi nella veste di tabaccai, baristi, “figurinai”, e inventarsi nuovi servizi da offrire con le riviste. I più temerari hanno imparato a cavalcare la tigre del progresso tecnologico e oggi sono punti di ritiro per Amazon o per PrimaEdicola.it, in cui è possibile ordinare un arretrato e riceverlo nella propria edicola di fiducia. In questi casi, l’edicolante guadagna una percentuale di commissione su ogni pacco recapitato. Una soluzione al calo delle vendite potrebbe essere quella proposta da Giuseppe Marchica: «Costruire un circuito completo con scuole, editori, giornalisti e giornalai per trasmettere alla politica e al popolo l’importanza della carta stampata».

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