Imola, bruciati 715 posti di lavoro in un anno di pandemia

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IMOLA. Solo il primo anno di pandemia si è portato via oltre 700 posti di lavoro a Imola. Da ottobre 2020 a oggi la situazione non è ancora migliorata e questo Primo Maggio lo si vive a tutti gli effetti col fiato sospeso anche di fronte a questi dati frammentari di cui dispongono i sindacati confederali imolesi. E anche questo è un problema che i due segretari di Cgil e Cisl, rispettivamente Mirella Collina ed Enrico Bassani rimarcano ormai con un certo fastidio: «Non è possibile che un territorio come Imola e circondario non debba avere un quadro chiaro della situazione perché tutti gli indicatori sono accentrati nel dato complessivo della Città metropolitana – critica Mirella Collina –. Facciamo tanto parlare di innovazione e big data in Emilia Romagna ma non riusciamo ad avere uno strumento che ci consenta di leggere nel dettaglio il problema dell’occupazione, del lavoro e delle imprese su 10 comuni, per mettere a punto di conseguenza le opportune strategie». «Che li elabori il Circondario con personale apposito o la Città metropolitana stessa, poco importa, basta che ce li diano» incalza Bassani della Cisl.

Gli ultimi dati scorporati, pochi, a disposizione confermano 715 posti di lavoro persi sul territorio fra settembre 2019 e settembre 2020, su un totale di 11.493 nell’area metropolitana. Un totale di 49 imprese in meno, e una differenza di valore aggiunto, ovvero ciò che resta del valore di produzione tolti i costi, in calo del 7,3% (meglio per un paio punti rispetto alla media regionale e metropolitana). «A soffrire sono i settori che sappiamo: ristorazione, commercio, costruzioni, servizi –spiega Mirella Collina –. Settori che occupano lavoratori spesso precari. La differenza fra questa crisi e quella del 2008 è che allora soffrirono i tempi indeterminati dell’industria, oggi chi era già povero in partenza». A preoccupare è lo sblocco dei licenziamenti per ora fissato a giugno prossimo. «Ma non sappiamo se il governo stia lavorando per procrastinarlo –aggiunge Bassani –. Quello che serve è arrivare a garantire la sicurezza almeno fino a ottobre, se si cominciasse a licenziare a giugno sarebbe davvero difficile dopo riprendersi».

Caso Foundry

E in questo senso viene salutato come un grande risultato l’accordo siglato in questi giorni tra la fonderia Foundry Er di Dozza, Fiom e Uilm territoriali e Rsa, «il primo di questo genere sul territorio nazionale nel settore metalmeccanico», dicono i sindacati. Prevede infatti il blocco dei licenziamenti fino al 31 dicembre prossimo, andando quindi oltre la scadenza nazionale fissata attualmente dal Governo. Contestualmente si è trattato sulla riduzione dell’orario di lavoro collettivo in fonderia durante il periodo estivo, a vantaggio anche della sicurezza dei lavoratori che si fermeranno dal venerdì pomeriggio. Non potendo poi utilizzare da tempo la mensa causa Covid, ora riceveranno poi un buono pasto in sostituzione. «Riteniamo sia un accordo che tutela i 18 lavoratori della fonderia perché tiene conto delle condizioni di lavoro soprattutto nei periodi più caldi – commentano Marco Valentini della Fiom Cgil e Giuseppe Rago della Uilm di Imola–. Inoltre, in un momento così complicato è secondo noi importante dare uno strumento che offre una maggiore tutela occupazionale ai lavoratori». «Speriamo che l’accordo siglato oggi sia da esempio per altre aziende non solo sul nostro territorio, ma anche a livello regionale e nazionale – auspicano Stefano Moni della Fiom e Giuseppe Rago della Uilm –, dal momento che ad oggi il Governo continua a non dare risposte alle ripetute richieste dei sindacati di prorogare il blocco dei licenziamenti».

Per il secondo anno consecutivo non sarà possibile celebrare il Primo Maggio in piazza come consuetudine, a causa del Covid. Cgil, Cisl e Uil territoriali hanno deciso di organizzare per oggi un presidio in centro a Imola, in via Emilia (sotto i portici di piazza Matteotti) dalle 9 alle 12, con una partecipazione contingentata, iniziativa che sarà condivisa sui canali social dei tre sindacati confederali. Una presenza simbolica per lanciare il messaggio di questo Primo Maggio: «L’Italia si cura con il lavoro», «per ribadire unitariamente il valore della centralità del lavoro, per ricostruire su basi nuove il nostro Paese ed affrontare con equità e solidarietà le gravi conseguenze economiche e sociali della pandemia». Ripartire in sicurezza è la parola d’ordine per tutte le sigle e agire «su innovazione e ricerca, riforme del fisco e pensioni, scuola e pubblica amministrazione, sanità territoriale, politica industriale ed infrastrutture». «Il lavoro, insieme ai vaccini, è la sola cosa che può risollevare le sorti del nostro Paese» conclude Giuseppe Rago, coordinatore della Uil.

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