Imola, agriturismi chiusi per Covid e caro energia

Per gli agriturismi questa è davvero la più brutta stagione. A molte attività storiche del circondario, anche le più solide e conosciute, di questi tempi conviene più stare chiuse anziché aprire, perché i coperti sono troppo pochi per pareggiare le spese. I tempi delle tavolate e dei gruppi numerosi appartengono ormai ad un’altra epoca, i gestori ne parlano usando un passato che sembra lontanissimo. L’andamento dei contagi, i timori della clientela e le conseguenti disdette rendono impossibile per ora riprendere il ritmo. Per questo qualcuno riaprirà direttamente a febbraio.

Pausa forzata

Conti alla mano, c’è chi ha valutato con grande dispiacere di chiudere temporaneamente. «Si “slavoricchia” solo il weekend. Abbiamo deciso di darci un po’ di tregua e chiudere due settimane. A febbraio vediamo se riprenderanno le fiere, gli ingressi in ospedale – racconta Valeria Roveroni dell’agriturismo La rondinella, sotto l’istituto Montecatone –. Non abbiamo affitti né dipendenti da pagare, rispetto ad altri siamo in un brodo di giuggiole, però il periodo è molto incerto». Una valutazione simile l’ha fatta Fabiola Zoffoli, della Fattoria romagnola: «Abbiamo avuto un ottimo ottobre, ma da novembre abbiamo scricchiolato e dal 15 dicembre siamo chiusi, tra disdette di cene aziendali, feste o gruppi di amici che prenotavano per 30 persone ma poi venivano dimezzati». Nell’incertezza sono caduti alcuni appuntamenti tradizionali: «Abbiamo sempre fatto la festa di Sant’Antonio, con 90 persone, ma è saltata, e non sappiamo ancora se buttarci nel programma di Lom a merz, c’è molta paura. Anche le attività didattiche con le scuole sono saltate: per la primavera pochissime classi hanno prenotato ottimiste», prosegue Zoffoli.

Bollette salate

Sul conto pesa anche il rincaro di luce e gas, soprattutto delle bollette, dato che le materie prime per definizione agli agriturismi non mancano. «L’aumento è incredibile, non me l’aspettavo, sono praticamente raddoppiate. È stato un fulmine a ciel sereno, con migliaia di euro per il gas. Magari ragioneremo se spostarci sull’elettrico – racconta Giuliano Monti, dell’omonimo Ca’ Monti a Fontanelice, che fa tesoro delle attività produttive collaterali dell’agriturismo stesso –. Pesa l’incertezza della gente, che fatica a prenotare e lo fa in piccoli gruppi. Ci salviamo con i mercatini e col servizio di consegna a domicilio dei nostri prodotti, che avevamo già attivato nel 2019 e che è esploso col lockdown. Qualcuno si è affezionato o adesso lo richiede perché è in quarantena». «Abbiamo sentito l’aumento dei costi fissi, e col grande calo delle prenotazioni dopo Natale abbiamo deciso di stare chiusi tra settimana – spiega Sara Bolcato, dell’agriturismo Frascineti –. Valutiamo in base alle prenotazioni della giornata, perché ci costa più aprire per tre persone che stare chiusi. Questo weekend è andato un po’ meglio, ma pare si stia ripartendo solo nei fine settimana».

Ristori

L’allarme lanciato ieri dal presidente regionale di Agriturist Emilia-Romagna, Gianpietro Bisagni, del «rischio che si profili il trend del 2021 quando gli agriturismi hanno cominciato a fatturare solo nel mese di aprile o maggio» è molto realistico. Per questo l’associazione chiede alla Regione l’allocazione di fondi straordinari: «Gli agriturismi sospendono l’attività. Chi resta aperto, lo fa a costo di rimetterci». «Non ci sono chiusure obbligatorie e secondo le regole siamo tornati alla normalità, ma sembra quasi una presa in giro. La normalità non c’è più», commenta Monti.

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