Il vino come “bene-rifugio”: la bottiglia è un investimento

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Il Vinitaly iniziato domenica scorsa ha messo in mostra un “nuovo” aspetto: alcune firme importanti del vino italiano si stanno tramutando in un bene-rifugio. Stiamo parlando di un cambiamento epocale, messo in moto a partire dal 2000 con la nascita della “Borsa del vino” Liv-Ex (London international vintners exchange), e che ora ha davvero iniziato a prendere forma attorno al concetto di bottiglia come vero e proprio investimento. Il nostro mercato, infatti, sostanzialmente generato da un acquisto per il consumo, non è mai stato ricettivo a questo tipo di visione. Ma era solo questione di tempo, perché il settore dei cosiddetti pleasure asset è da sempre fiorente. Stiamo parlando dei “prodotti da collezione”, quindi orologi, francobolli, opere d’arte e creazioni varie che possano registrare rendimenti incrementali con il trascorrere del tempo. Il vino, o per essere più precisi la bottiglia di vino, è uno di questi. Ad intuirlo, verso la fine degli anni Novanta, sono stati James Miles e Justin Gibbs, ex agenti di borsa che hanno pensato di mutuare gli stessi strumenti del loro settore di provenienza all’industria vitivinicola. È così che si arriva alla nascita di Liv-Ex e, soprattutto, al suo successo in ambito internazionale.

I numeri

Il portale, che ha fatto registrare una robusta crescita proprio durante la pandemia, oggi annovera tra i membri quasi 600 entità provenienti da più di 40 paesi, equamente suddivisi tra venditori e commercianti, operatori di logistica, stoccaggio ed assicurazioni. Per dire come ormai il business sia fiorente e non più limitato all’ordinaria transazione economica. La vera innovazione della Borsa del Vino è la creazione di contratti standard, comparabili e compatibili con qualsiasi mercato, che permettono alla bottiglia di essere usata effettivamente come un normale bene di scambio (condito inoltre dalla creazione di derivati finanziari di qualsiasi genere), con le sue usuali fluttuazioni di mercato come già capita, ad esempio, per il mercato dei preziosi. Francia ed Inghilterra, nemmeno a dirlo, ma anche gli USA, sono da anni i pionieri di questo settore di attività, i cui rendimenti si sono già dimostrati più affidabili e vantaggiosi degli investimenti in borsa, con la significativa differenza della mancanza di tassazione, effettivamente inusuale per il nostro Paese, sul capital gain.

Vini nazionali

Considerando la tradizione enologica e la rinomanza del settore vitivinicolo italiano, le nostre bottiglie sono da anni alcune tra le più richieste a livello internazionale. Vent’anni fa, quando tutto è iniziato, le bottiglie italiane non erano presenti sul mercato, ma era solo questione di tempo e ormai da un consolidato decennio Liv-Ex ha accolto anche i nostri nomi, con rendite decisamente interessanti. La prima ad approdare è stata la grande famiglia dei Supertuscan, quindi Tignanello, Masseto, Ornellaia e Sassicaia, che da anni popolano i sogni degli enomaniaci di tutto il mondo, specialmente se parliamo di bottiglie in formati non standard, quindi magnum da 1,5 litri, ma anche e soprattutto 3 litri, 4,5 litri, fino ad arrivare alle “mostruose” bottiglie da trenta litri. Che is tratta di un mercato in fermento, soprattutto quello delle etichette italiane, lo dimostra il fatto che anche nuove tipologie si stanno affacciando al panorama dei vini da investimento. In particolare, Barolo e Brunello di Montalcino sono le denominazioni più ricercate. Un tempo lo erano dai collezionisti e ora lo diventano anche per la finanza. I risultati sono la dimostrazione di due cose: il primo il grande lavoro fatto in termini di valorizzazione dei territori e dei suoi prodotti, il secondo del cambiamento anche profondo che sta subendo il mercato del vino. Chissà che, prima o dopo, non facciano il loro ingresso anche i primi vini emiliano-romagnoli.

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