"Il vespro della Beata Vergine" con Dario Natale a Poggio Torriana

«Più che mai oggi c’è bisogno di nuove parole che continuino a divulgare visioni, idee, immaginari, scenari, per questo credo nel teatro di parola».

Dario Natale parte da questo assunto per introdurre le ragioni che lo hanno portato a scegliere il testo di Antonio Tarantino “Il vespro della Beata Vergine” in scena oggi alle 17.30 alla sala teatro di Poggio Berni nell’ambito della rassegna “Mentre vivevo” curata da Quotidianacom.

Natale è cofondatore della compagnia Scenari Visibili, che ha prodotto il lavoro, di stanza a Lamezia Terme dove la stessa gestisce il Tip Teatro, con all’interno anche la Biblioteca Galleggiante dello Spettacolo, uno spazio mostre e da 18 anni promuove la rassegna di Ricrii, attenta a nuovi codici espressivi.

Natale, si può dire che quella del 6 marzo è una prima?

«Sì, a tutti gli effetti lo è perché, a causa della pandemia, il primo debutto è slittato, così il secondo e ora rispetto alla prima versione gode di una forma definitiva che si arricchisce anche di un rinnovato assetto luci a cura di Omar Scala».

Qui lei è in scena ma la regia non è sua, come accade spesso per i lavori della sua compagnia, sdoppiare i ruoli che significa?

«La regia è di Mauro Lamanna giovane attore e regista calabrese che si occupa anche di cinema. Sdoppiarsi è una faccenda un po’ complicata ma spesso è bene avere un occhio esterno e ciò può dare ottimi risultati».

Perché ha scelto quest’opera del pluripremiato (due volte Premio Riccione, tre volte Ubu) drammaturgo Antonio Tarantino scomparso nel 2020, i cui testi non sono mai così facili da mettere in scena e sempre di forte impatto politico e sociale?

«La scelta è nata spontaneamente, ho letto il testo che era nella nostra biblioteca e ho avuto reazioni fortissime e diversificate, passando dall’emozione, allo struggimento alla commozione. La sua scrittura non è semplice, è molto particolare ed è di una bellezza inarrivabile. Le sue opere corrispondono al suo essere non convenzionale, al suo non appartenere ad alcun movimento, alla sua autonomia da tutto e da tutti».

Cosa la affascina in “Vespro della Beata Vergine”, pièce della tetralogia “Quattro atti profani”, di ispirazione religiosa, tragica e grottesca? E quale lettura ha voluto dargli?

«Mi affascina il connotato di grande sfida e il suo presupposto poetico che si rintraccia in tutte le sue opere: riteneva che le persone che stanno ai margini, gli sconfitti, i derelitti, fossero portatori involontari di verità, che le loro esperienze fossero molto più interessanti e pregnanti. Antieroi che trovano nei suoi testi una redenzione incredibile da lasciare senza fiato. Io spero di restituire questa sua potenza espressiva a cui ho cercato di dare una chiave di lettura diversa rispetto alle precedenti. Ho voluto attualizzare, utilizzando modalità fresche per il dialogo. La scena è scarna e sui pochi elementi viene proiettato un video mapping, un ruolo importante è sostenuto dal corredo sonoro suonato live da Alessandro Rizzo».

Il padre deve riconoscere il cadavere del figlio suicida ma in quell’obitorio scaturisce qualcosa di surreale.

«Sì, tra padre e figlio scaturiscono dinamiche straordinarie. Il figlio si materializza, il litigio tra i due diventa reale. Chiede aiuto al padre perché si trova in un limbo infinito e questi sfodera una sapienza antichissima indicandogli cosa fare per raggiungere la pace come nei Canti orfici, a riprova delle grandi capacità e delle conoscenze di Tarantino. Questo vale al figlio il passaggio nel nuovo mondo: il Paradiso, il Nirvana, l’Eternità».

Info: 327 1192652

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