Il Teatro Kismet a Cervia

Il Teatro Kismet di Bari torna al Walter Chiari di Cervia. Stasera e domani alle 21 presenta “Il bacio della vedova” del drammaturgo americano Israel Horovitz. In regia c’è la “capitana” Teresa Ludovico, che ha lasciato la ribalta a favore di una regia a tempo pieno, anche in Giappone, e da direttrice artistica dei Teatri di Bari. Il testo a tre personaggi ha uno stile duro e diretto. Ne sono interpreti Diletta Acquaviva, Mario Cangiano, Michele Schiano Di Cola. Nello spogliatoio di un magazzino di una provincia americana Archie e George scherzano sulle loro conquiste. Li raggiunge Marghy, coetanea dei tempi della scuola. L’incontro fra i tre riconduce a ricordi passati e a momenti drammatici, in un clima di tensione che si evolverà in tragedia.

Ludovica, cosa l’ha spinta a scegliere un copione di Horovitz?

«Horovitz è poco rappresentato in Italia e ci ha lasciati di recente, nell’era Covid (novembre 2020). È autore potente perché la sua poetica mette insieme sentimentalismo e realismo, come ebbe a dire Ionesco. La crudeltà con cui affronta temi dal risvolto sociale è molto aderente alla nostra vita contemporanea; questo testo in particolare, scritto negli anni Ottanta, è di una attualità sconvolgente».

Addentriamoci nel “Bacio della vedova”.

«Presenta una questione particolarmente adatta alle nuove generazioni, ovvero dove finisce il limite dell’amicizia e dove inizia l’atto di violenza. È una storia emblematica che si consuma fra amici in una festa di fine anno scolastico. Anche oggi casi di cronaca ci raccontano di giovani che approfittano di una compagna per poi giustificarsi dicendo: in fondo abbiamo bevuto, fumato, e poi lei ci stava. Mi chiedo perciò qual è il limite, dove finisce la consapevolezza. È pertanto uno spettacolo da presentare ai giovani per metterli di fronte alla consapevolezza dei propri atti. Lo stile, pure crudo e gergale, possiede leggerezza, per cui lo spettatore viene accompagnato in questo labirinto».

Come rende concreta questa suspence a tre?

«Con una scena vuota, senza quinte né fondale, l’allestimento ruota attorno a un semplice tavolo ma ha luci straordinarie, cinematografiche, per evocare uno spogliatoio di una fabbrica con i protagonisti in pausa. Ho rinfrescato e alleggerito il testo, ho tolto riferimenti a quegli anni Ottanta americani, rendendolo attuale per qualsiasi luogo di oggi».

Perché fra tanti lavori del drammaturgo proprio questo?

«Per il tema a me molto caro che porta: la violenza sulle donne, di cui non si finisce mai di parlare. E aggiungo, per il rapporto tra gli uomini e le donne soprattutto in età giovane, quando sono ancora in fase di definizione tra maschile e femminile. Bisogna parlarne sempre più, mai abbassare la guardia».

Come direttrice, cosa si propone per il teatro e il pubblico che verrà?

«Il teatro resta una grande possibilità per superare le conflittualità e violenza che respiriamo. Raccontando storie che riguardano l’umano, ci può riappacificare con l’umanità, legata a uno stesso destino. Il nostro compito è spostarci dal teatro e andare a cercare il pubblico, come stiamo facendo con un grande lavoro sullo spettatore, specialmente sui più giovani».

Domani alle 18 incontro con gli artisti. Info: 0544 975166

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