Il somalo delira ma il giudice non esclude una messinscena

Archivio

Ha risposto in modo «delirante» alle domande del giudice che però, senza una documentazione psichiatrica, non può «escludere l’ipotesi di una messinscena». Duula Somane, il somalo che l’11 settembre ha accoltellato a Rimini quattro donne e un bambino, resta in carcere.

Lo ha stabilito il Gip del Tribunale di Rimini Manuel Bianchi che ha convalidato l’arresto dello straniero per il tentato omicidio del bambino di origine bengalese e di una delle due addette ai controlli del bus, oltre che per i reati di tentata rapina e resistenza a pubblico ufficiale.

Il giudice va più cauto, invece, rispetto alla provvisoria contestazione del reato più grave anche per le altre tre donne ferite dallo straniero.

In quelle aggressioni, piuttosto, “vede” concretizzarsi l’ipotesi di lesioni aggravate. «Del resto - si legge nell’ordinanza - la stessa idea in sé di un tentativo di uccisione di più persone sarebbe difficilmente compatibile con moventi che non siano di natura stragista o terroristica, salvo ipotizzare un raptus di follia lucida animato da disturbi paranoidei che allo stato non è possibile diagnosticare».

È il nodo attorno al quale si giocherà il destino processuale dell’accusato.

Tecnicamente il somalo, difeso dall’avvocato Maria Rivieccio, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Dopo le prime frasi sconnesse riguardo l’identificazione personale, ha fatto delle dichiarazioni spontanee che ricalcano le sue “paure” espresse al momento dell’ingresso in carcere. «Sono perseguitato da una donna tedesca, senza mani, sanguinante. Vogliono farmi del male». Collegato dal carcere da remoto comincia a dare in escandescenze quando si vede inquadrato nello schermo. Una specie di fobìa: anche sull’autobus Somane ha scatenato la sua furia quando una delle addette al controllo gli ha scattato una fotografia (singolare procedura adottata dalla Start dal 6 settembre scorso per chi è senza biglietto né documenti). Tutto lascia pensare che il giovane sia affetto da seri problemi mentali, ma il giudice ci va con i piedi di piombo e non esclude di trovarsi di fronte a un “attore”. L’avvocato Rivieccio si è riservata di chiedere, una volta raccolti altri elementi, una perizia psichiatrica (nelle forme dell’incidente probatorio). Lo stesso pm Davide Ercolani, titolare dell’inchiesta, potrebbe a sua volta fare svolgere accertamenti in tal senso. Procura e polizia intendono verificare ogni aspetto della questione prima di mandare in archivio la vicenda sotto la “voce” raptus di follia. A partire dal contenuto dell’I-pad sotto sequestro, ora nelle mani degli specialisti informatici. Lo si deve alle quattro donne aggredite e al bambino di sei anni, ferito in strada con un fendente al collo sferrato dal basso verso l’alto: lui «è salvo - scrive il giudice - per pura avventura e per la bravura dei medici».

Delira, pronuncia frasi incongruenti, racconta di essersi drogato e di avere bevuto, quando invece le analisi lo smentiscono. Sostiene di non comprendere una parola d’italiano, ma alle addette al controllo sull’autobus che gli chiedono il biglietto (ne aveva uno con sé ma non lo aveva obliterato) replica a muso duro: «Che cazzo volete da me? Non dovete rompermi...».

Le prime a non credere alla corsa folle di un “disperato” fuori controllo sono proprio le sue potenziali vittime. Sul tram afferra una verificatrice per i capelli prima di scagliarsi su di lei con il coltello e le dà della “puttana” (le urla “bitch” in inglese). Quindi, alla stazione di Miramare, si dirige verso la giovane pesarese in attesa del treno come se l’avesse nel “mirino”. «È corso verso di me, mi ha afferrato per il collo con un braccio e con l’altro mi ha ferito: non mi sono resa conto di cosa avesse nelle mani, ho creduto invece fosse il cinturino dell’orologio». Analoga la sensazione provata dalla pensionata di 77 anni, originaria di Aci Catena (Catania) aggredita lungo viale Regina Elena davanti all’hotel Fedora. «Veniva dalla parte opposta del marciapiede, mi è venuto contro con inaudita violenza e poi mi ha colpito con qualcosa di acuminato al collo - ha raccontato ai poliziotti - Altri testimoni hanno detto che sbracciava per farsi largo? No, sono certa del contrario, lo ha fatto consapevolmente e non per attraversare la folla: aveva tutto lo spazio per passare di lato e invece mi ha puntato da lontano. Per un breve istante l’ho guardato negli occhi e gli ho gridato vigliacco! Poi mi sono ritrovata a terra con il graffio sul collo, non so dire se fossero forbici o un coltello. Era un oggetto acuminato». Infine, sotto gli occhi di uno degli agenti che lo stava inseguendo, ha deviato la sua traiettoria per ferire alla gola il bambino di sei anni. and.ros.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui