Il riminese che fa volare i kitesurf all'assalto delle Olimpiadi

RIMINI. Volare sull’acqua a 20 nodi con un refolo di vento da 5 o 6. Sotto i piedi una tavola. Le braccia collegate all’“aquilone” con la sensazione di non avere attrito. Negli ultimi anni la disciplina sportiva del kitesurf (come altri sport legati alla nautica) si è evoluta tantissimo grazie all’uso dei foil. Il riminese Luca Filippi, 54 anni, ha iniziato quasi per caso a sperimentare le appendici necessarie a far volare le tavole e oggi, a distanza di cinque anni dai primi prototipi, due suoi modelli di hydrofoil hanno ottenuto il via libera per la fornitura olimpica in vista di Parigi 2024, un riconoscimento ottenuto da pochi produttori (c’è anche la Moses di San Mauro Pascoli) e che completa un percorso che ha visto anche la conquista di due titoli mondiali.
Velaio e velista
Il percorso di Filippi è un continuo intrecciarsi di passione e competenze tecniche via via sempre più sofisticate. «Da ragazzino facevo il commesso in un negozio di accessori nautici e facevo le regate su una barca autocostruita da mio padre Corrado. Ho lavorato come velaio alla North Sails, fui tra quelli che realizzarono le vele del Moro di Venezia in Coppa America. E poi ho fatto tante regate, prima con i cabinati, poi con i catamarani. È in questo ambito che ho iniziato a lavorare sulle appendici in senso più moderno con l’utilizzazione del carbonio». Filippi, formazione all’Istituto professionale Alberti di Rimini (sezione meccanica), ha una grande abilità manuale e ha lavorato fra gli altri anche col progettista marchigiano Paolo Cori (l’artefice dei successi della barca “Rimini Rimini”). «Volevo partire per un giro del mondo su una barca che avevo appena costruito… Poi arrivò la notizia che avevo vinto il concorso per entrare nei vigili del fuoco e rinunciai al viaggio»…
Lo stimolo dai colleghi
Ma è proprio dai colleghi di lavoro che nasce un nuovo stimolo. «Mi chiesero consigli per l’autocostruzione di un kitefoil, volevano rivestire di carbonio un hydrofoil in legno, e allora mi venne voglia di farne uno anch’io».
Filippi si fa aiutare dall’amico riminese Pietro Parmeggiani, nel mondo internazionale della vela conosciuto per l’azienda Protect Tapes che con nastri e film protettivi ha lavorato anche con le barche di Coppa America o col circuito Imoca 60. Viene contattato Giorgio Provinciali che sull’argomento ha lavorato per Oracle e Prada. E così, racimolando le ferie, Luca si dirige a Cagliari (base del team Prada di Coppa America, luogo di studio e innovazione) per approfondire il progetto. Dopo un anno e mezzo e circa una trentina di prototipi “sforna” un gioiellino dal nome Banga.


Cos’è un hydrofoil? «È l’appendice che sta sotto la tavola del kite: è fatto dalla pinna e dall’aeroplanino inferiore che serve a dare portanza e sollevare la tavola facendo navigare a pelo d’acqua e minimizzando l’attrito». Le prime uscite danno risultati così buoni che il campione mondiale in carica Maxime Nocher decide di usare Banga (questo il nome dell’hydrofoil riminese) ai Mondiali formula Kite in Cina del 2016. Ma la voce si sparge e prima delle gare arrivano altre ordinazioni. «Sei atleti usano il nostro hydrofoil e arrivano tutti nei primi dieci posti. Nocher, naturalmente vince di nuovo il titolo. Un successone!».
La parentesi di Dubai
Il giochino a questo punto diventa grosso. Serve una produzione su vasta scala, Luca si mette in aspettativa dal lavoro di vigile del fuoco e si trasferisce a Dubai dove viene avviata una produzione su vasta scala. Non va a finire bene. Il carattere un po’ “ruvido” e creativo del riminese mal si adatta ai processi standardizzati decisi a Dubai. Filippi molla prima della scadenza del contratto e ricomincia daccapo con una convinzione: «Per realizzare i prodotti di punta, quelli con le migliori performance, è meglio lavorare a livello artigianale, magari nel garage di casa, dove sei invogliato a perdere tanto tempo nella messa a punto dei materiali, piuttosto che nelle grandi aziende dove manca l’estro e i processi sono standardizzati».


Così nascono prima il V2 e poi il V3, le ultime evoluzioni realizzate da Filippi. La nuova azienda ha sede a San Marino, è partita pian pianino, rallentata dall’emergenza Covid. «La società si chiama Chubanga srl. Siamo soci io e la mia compagna Laura Pennati. Sia il V2 (186 pezzi prodotti nel 2019) che il V3», spiega Filippi, «hanno ottenuto la certificazione olimpica e ho già ricevuto tanti ordini, uno anche dalla Cina. Il 18 agosto in Polonia si riprende l’attività agonistica col campionato europeo formula Kite. E noi saremo lì con i nostri atleti. Uno è il romagnolo Mario Calbucci, un cesenate che oggi vive a Riccione e che è uno dei più forti al mondo, lo sviluppatore ufficiale del mio hydrofoil».
Da quali paesi arrivano le maggiori richieste? «In testa a tutti la Francia, ma vendiamo anche in Corea, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Stati Uniti, persino in Nuova Caledonia!»

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui