Il Piazzolla di Marco Albonetti al Ravenna Festival

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“Romance del diablo” è il secondo tributo di Ravenna festival ad Astor Piazzolla per il centenario della nascita del compositore argentino. Dopo l’opera-tango “Maria de Buenos Aires”, alla musica strumentale spetta il racconto della grande rivoluzione sonora portata nel secondo Novecento da Piazzolla, capace di far dialogare tango e classica, jazz e canzone popolare in uno stile personale e insieme universale.

Accompagnato dall’Orchestra Filarmonica Italiana, uno dei più grandi sassofonisti del mondo, Marco Albonetti, sarà stasera alle 21.30 alla Rocca Brancaleone per affrontare i grandi capolavori di Piazzolla: le “Cuatro estaciones porteñas” (le quattro stagioni di Buenos Aires, risposta argentina al capolavoro vivaldiano), “Libertango”, “Años de soledad”, “Oblivion” e “Romance del diablo”, che dà il titolo alla serata.

Brani che dalla originaria veste cameristica per cinque elementi si presenteranno in una più ampia formazione orchestrale con la parte del bandoneón trascritta per il sassofono, strumento che con la sua duttilità e i suoi chiaroscuri diventa l’appassionata voce narrante del programma.

L’appuntamento è già sold out ma sarà in streaming su ravennafestival.live.


Buenos Aires

«Ho avuto due grandi maestri: Nadia Boulanger e Alberto Ginastera. Il terzo è stato Buenos Aires» spiegava Piazzolla. La capitale argentina fu sempre il fuoco inesauribile della sua ispirazione. A differenza delle “Quattro stagioni” di Vivaldi, le “Cuatro estaciones porteñas” (i porteños sono gli abitanti della capitale) furono il raggruppamento di brani scritti tra il 1965 e il 1970 per una formazione di quintetto (violino o viola, pianoforte, chitarra elettrica, contrabbasso e bandoneón).

Nel concerto di Ravenna festival la parte del bandoneón è stata trascritta per sassofono mentre le altre parti del quartetto sono state orchestrate da Albonetti e Pablo Ziegler (pianista e arrangiatore che ha a lungo accompagnato Piazzolla) rendendo questa musica ancora più ricca e stratificata.

Del resto, solo uno strumento come il sassofono, con la sua duttilità nel dialogare con l’orchestra e nel restituire i chiaroscuri con voce quasi umana, poteva reggere il peso dell’eredità del principe degli strumenti del tango.

Per Piazzolla, come evidente in “Maria de Buenos Aires”, tango significa amore e morte. E “Romance del diablo” è il manifesto di questa visione, già sviluppata in pezzi come “Tango del diablo” e “Vayamos al diablo”.

Pubblicato nel 1974, “Libertango” è invece la più nota composizione piazzolliana, e ne segna la transizione verso il cosiddetto nuevo tango. Otto anni dopo, nel suo periodo in Italia, Piazzolla compose “Oblivion” per il film Enrico IV diretto da Marco Bellocchio; fu un passo ulteriore verso nuovi contributi che venivano da jazz e classica.

“Años de soledad” (Anni di solitudine) è invece un’evocazione viscerale della disperazione che Piazzolla volle esprimere anche coi lamenti del sassofono di Gerry Mulligan, uno dei punti più alti mai raggiunti dal jazz e dal tango fusi insieme.

www.ravennafestival.org

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