Il nuovo Festival di Santarcangelo sarà politico e internazionale

Arrivare a Santarcangelo da un altro contesto, avere contezza di guidare un festival che ha una sua immagine forte a livello internazionale, e soprattutto non essere italiano. Queste premesse non hanno spaventato Tomasz Kireńczuk, 39enne polacco, nuovo direttore artistico di Santarcangelo festival per il triennio 2022-2024, anzi, per lui hanno rappresentato una sfida da raccogliere subito.

«È un grande privilegio per me essere qui – dice Kireńczuk –, e ho cercato di trasformare curiosità, dubbi e domande nello stimolo per impegnarmi al massimo e capire tante cose che appartengono a un contesto diverso dal mio, con metodi di lavoro e di gestione differenti. Non credevo si potesse incominciare subito a lavorare, ma mi sono trovato di fronte a una macchina organizzativa che funziona molto bene, con uno staff molto disponibile e di grande professionalità ed efficienza, e ciò ha permesso un avvio rapido. Quando un direttore può impostare la sua visione progettuale in piena libertà come accade qui – ed è cosa rara – ci si sente privilegiati».

Curatore, attivista, drammaturgo e critico teatrale, cocreatore di Dialog festival a Wrocław e fondatore di Teatr Nowy a Cracovia, Tomasz Kireńczuk ci racconta i suoi primi mesi a Santarcangelo, che sente già casa, anticipando alcune linee del progetto 2022, che si dipanerà dall’8 al 17 luglio.

Direttore, una volta messe le “mani in pasta”, quali sono stati i suoi primi passi?

«Difficile rispondere. Quando ho presentato il progetto artistico per il festival era il 2019, prima del Covid, poi tutto è cambiato, siamo piombati nell’incertezza, e così abbiamo dovuto adeguare il nostro modo di pensare e agire. I punti forti sono rimasti: l’internazionalità in primo luogo, l’interesse verso gli artisti emergenti, il lavoro sull’attività annuale. E io non ho cambiato la mia sensibilità estetica e politica».

Nel suo Paese si è molto speso per sostenere le giovani compagnie. Il progetto annuale “Krakk” che ha fatto partire a Santarcangelo va in questa direzione?

«Sì, è molto difficile per gli artisti emergenti (che sono tanti, tra collettivi, gruppi e singoli) trovare spazi per creare e per presentarsi. La domanda rispetto agli spazi offerti è molto più ampia. Ho cercato di valutare a fondo come Santarcangelo potesse intervenire in tal senso, offrendo la grande visibilità che ha a livello internazionale – importante punto di partenza –, ma anche le nostre strutture e l’organizzazione. Volevo dare un segno di condivisione, perché credo sia importante scegliere di fare delle cose che servono a noi e agli altri. La nostra “chiamata” ha dimostrato che c’è una vivacità enorme e le proposte si sono dimostrate estremamente interessanti, con un buon livello qualitativo. Noi offriamo la residenza e in cambio gli artisti ci fanno entrare nel processo creativo permettendoci di fare il nostro lavoro di osservatori e proporre le prove aperte durante l’anno al pubblico».

Per questo la “call”, che prevedeva di accogliere 6 compagnie indipendenti, ha allargato il numero scegliendone 15 ed è stata prorogata da tre mesi a un anno?

«È così. Sono arrivati 284 progetti e ci ha colpito, oltre che la quantità, la qualità. Il progetto è dunque cresciuto anche se non abbastanza, e questo mi rattrista ma ci sto riflettendo. L’analisi delle proposte è stata molto importante, l’abbiamo condotta in modo collettivo con lo staff, e sono grato a tutti. Ho imparato molto. Sono certo che senza Krakk certi artisti non li avrei mai potuti incontrare».

Dopo la sua nomina, si è buttato a capofitto nell’osservazione del panorama artistico viaggiando continuamente e relazionandosi personalmente. È questo il suo metodo?

«Per costruire un progetto bisogna muoversi, solo in questo modo si trovano connessioni etiche, estetiche, culturali molto forti. Io parto sempre dalle reazioni personali e da lì è facile arrivare a intessere relazioni anche istituzionali. E queste sono le premesse ideali per costruire una programmazione sia sotto il profilo culturale, sia sotto quello economico. Se non avessi avuto contatti con istituti culturali e ambasciate non avremmo avuto il loro supporto per portare a Santarcangelo tanti artisti dal mondo. A nostro favore c’è il fatto che a livello internazionale conoscono tutti il valore del festival e sanno che è buona cosa far arrivare qui i loro artisti».

La prossima edizione manterrà alto il profilo internazionale?

«Sarà molto internazionale con tanti gruppi stranieri mai stati in Italia. Ci saranno tanti sudamericani e non mancheranno ospiti di diversi Paesi europei. Ho chiesto a molti artisti polacchi di partecipare per presentare una creazione ad hoc che permetta di mettere a confronto i diversi background».

Veniamo ai contenuti. Lei ha detto: «In un tempo di limitazioni alla libertà, ma anche emarginazione dell’arte contemporanea, indipendente e di ricerca, il festival permetterà di mettere a fuoco questioni politiche e sociali marginalizzate nel dibattito pubblico». E ha aggiunto che permetterà non solo di immaginare un futuro più equo e più giusto, ma soprattutto offrirà gli strumenti per renderlo possibile.

«Le scelte rispondono a una mia visione molto personale in cui hanno un posto importante le questioni politiche e sociali perché è un dovere di un festival quello di confrontarsi con le grandi domande, con le problematiche attuali, non siamo qui solo per divertirci!».

L’edizione 2022 avrà un suo tema?

«Ci sarà un tema unificante che connette tutto, poi diverse sottotematiche legate ai generi: infatti sarà una programmazione carica di lavori interdisciplinari , con tanta danza , che al momento è super interessante e avanzata».

«Sono fiducioso – aggiunge Tomasz Kireńczuk – perché parto da un’esperienza che mi ha reso, come ho detto, un privilegiato, nutro tante speranze e credo che si trovi sempre il modo di realizzare un progetto con valore. Propongo un rinnovamento a vari livelli, dalle proposte artistiche agli spazi fino alla comunicazione, perché diamo ora inizio ai nuovi 50 anni del festival. E stiamo impostando tutto ciò che è necessario per dar vita a un nuovo racconto».

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