Il nuovo agglomerato urbano ha finalmente un cuore pulsante

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Cresciuta troppo in fretta e senza alcun assetto edilizio, la nuova Viserba posizionata lungo la fascia costiera, presenta tante carenze di ordine urbanistico e sociale. Tra queste anche la mancanza di una “piazza del mercato”. Di un luogo dove riunire le attività commerciali si cominciò a discutere fin dalla prima estate del ’900 e ciò anche in considerazione della sconcezza che si verificava tutti i giorni, nelle prime ore del mattino, sulla litoranea a ridosso delle ville, dove una rumorosa ed eterogenea schiera di venditori ambulanti provenienti dai paesi vicini con i loro carri carichi di merce – primi vuccumprà della marina –, apparecchiava il proprio spazio espositivo. Su questa arteria, priva di marciapiede e per di più stretta e polverosa c’era di tutto, dalla carne al pesce, dai salumi alla frutta e alla verdura; quello che mancava era l’igiene. Uno spettacolo poco edificante per una borgata che con i suoi graziosi villini ambiva assumere il ruolo di “stazione balneare” e competere con le altre spiagge del riminese. I residenti, con il sostegno dei proprietari delle abitazioni signorili, stanchi di quel folcloristico mercatino avevano cominciato a martellare gli uffici comunali con lettere che sollecitavano la creazione di un vero e proprio centro commerciale.

Con il passare degli anni, nell’immaginario collettivo dei viserbesi e dei loro ospiti estivi, la piazza assumeva sempre più una valenza sociale e culturale ed era percepita come spazio pubblico indispensabile per amalgamare la comunità, troppo stratificata negli interessi e nei bisogni; un luogo che la rendesse partecipe di un comune sentire, che fosse in grado persino di darle un’identità; insomma, era avvertita come una specie di cuore pulsante del nuovo agglomerato urbano che andava via via sempre più strutturandosi lungo la striscia litoranea.

«Viserba, che ha per sé l’immensa ricchezza dell’acqua – chiosava L’Ausa il 5 maggio 1906 – e che va preparandosi ad essere una ridente città del mare, chiede che le si faciliti il sorgere di una piazza ove esercitare i suoi mercati, far sorgere i suoi negozi, e quanto è indispensabile per un paese che vuol camminare secondo le più necessarie regole della civiltà».

L’insistenza dei viserbesi nel pretendere la realizzazione di un pubblico punto d’incontro, essenziale per il nuovo quartiere che continuava ad espandersi a gran velocità, induceva il Municipio a dare incarico al proprio ufficio tecnico affinché disegnasse un’ipotesi di progetto con relativa acquisizione di area e preventivo di spesa. L’intero piano operativo, una volta abbozzato, veniva presentato, discusso e in linea di massima approvato dal Consiglio comunale nell’aprile del 1906. Il luogo scelto non poteva essere migliore: era centrale, vicino alla strada litoranea e facilmente accessibile dal nucleo abitativo più consistente. Nelle sue adiacenze inoltre si erano già concentrati alcuni negozi; altri, una volta divulgata la notizia della costruzione della piazza, si sarebbero affrettati ad arrivare. Perfezionato il progetto dai tecnici comunali, il Municipio procedeva con gli acquisti delle aree private e, in alcuni casi, anche con interventi di esproprio. Un iter difficoltoso non privo di beghe e di intralci burocratici.

Nel frattempo, a rendere ancora più appetibile l’attesa dei viserbesi, giungeva la notizia della erezione di una chiesa proprio ai margini della piazza. E la chiesa in quel luogo, era come la ciliegina sulla torta. I lavori del tempio, una volta acquisita l’area, avanzavano alacremente e sul finire dell’estate del 1909 le sue pareti perimetrali svettavano imponenti fuori dalle fondamenta.

Nel novembre del 1909, come se si trattasse di una vera e propria competizione tra le due opere, quella religiosa e quella laica, il Consiglio comunale si affrettava a dare via libera all’ultimo atto tecnico-amministrativo ancora in sospeso: l’approvazione della «costruzione della chiavica di smaltimento delle acque piovane e di lavaggio per la piazza» (Atti del Consiglio Comunale di Rimini, sedute del 27 aprile 1906; 13 settembre 1909; 29 novembre 1909; 21 maggio 1909). A questo punto i lavori potevano partire e il primo intervento era mirato alla demolizione di due casupole che si trovavano all’interno dell’area. Nel febbraio 1910 si procedeva con lo sterro e lo spianamento e dopo due mesi circa la piazza di Viserba era una realtà che batteva sul filo di lana l’apertura della chiesa. Che avveniva il 10 luglio 1910 con una solenne cerimonia ecclesiale. Del nome che verrà dato alla piazza parleremo la prossima settimana.

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