"Il mercante di Venezia" con Branciaroli al Rossini di Lugo

Come mettere gli ebrei in cattiva luce: avidi, infidi, furbi e cattivi. William Shakespeare mise nero su bianco le accuse antisemite che già ai suoi tempi buona parte dei cristiani rivolgevano al popolo eletto. Il bardo era razzista? Probabilmente la parola non è adatta: certo è che quell’invenzione della libbra di carne richiesta al debitore per estinguere il suo debito, è decisamente perfida!

“Il mercante di Venezia” però deve essere letto in riferimento all’epoca in cui fu scritto, in cui pure erano già in vigore quei ghetti che esistono in molte città, antesignana forma di lager per “punire” gli... assassini di Gesù Cristo fino addirittura – con questa scusa – a sterminarli nel ’900. Da oggi a domenica 30 (ore 20.30 e domenica anche alle 16), Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Centro Teatrale Bresciano e Teatro de Gli Incamminati si affidano a Franco Branciaroli (più che un mattatore, ormai una sicurezza magistrale) per portare in scena il dramma nella traduzione di Masolino D’Amico per la regia e l’adattamento di Paolo Valerio.

Inaugura così, con un grande classico, la stagione di prosa del Rossini di Lugo, un’opera rappresentata per la prima volta a Londra nel 1598: scontri etici, rapporti sociali e interreligiosi mai pacificati, l’amore, l’odio, il valore dell’amicizia e della lealtà, l’avidità e il ruolo del denaro. È un testo fondamentale portato in scena da Branciaroli che offre una prova magistrale nel ruolo di Shylock (niente da invidiare all’Al Pacino del film omonimo), figura sfaccettata, misteriosa, crudele nella sua sete di vendetta, ma che spiazza gli spettatori suscitando anche la loro compassione. A lui, ebreo, usuraio, si rivolge Antonio, ricco mercante veneziano che, pur avendo impegnato i suoi beni in traffici rischiosi, non esita a farsi garante per l’amico Bassanio che ha bisogno di tremila ducati per armare una nave e raggiungere Belmonte, dove spera di cambiare il proprio destino. Shylock, che ha livore verso i gentili e sete di vendetta per il disprezzo che gli mostrano, impone una spietata obbligazione: se la somma non sarà restituita, egli pretenderà una libbra della carne di Antonio, tagliata vicino al cuore...

Naturalmente – un po’ come si fa oggi nelle serie tv di Netflix o nei grandi film americani – il plot ha mille ramificazioni: Shakespeare è imitato da centinaia di anni in questo senso e ovviamente ancora inarrivabile.

Il lieto fine – che non andrebbe svelato, ma chi non conosce la trama?! – punirà la furia vendicativa dell’usuraio Shylok, espressione di un mondo mutevole e vibrante di personaggi che incarnano inquietudini, chiaroscuri e complessità di modernità assoluta. A contraltare del “cattivo”, come sanno anche i bambini, c’è l’eroico “buono” Bassanio che altri non è se non la realizzazione del desiderio di “nobiltà” di Antonio, che trova a sua volta un percorso di elevazione. Tant’è che l’Antonio che sputa sulla barba e sulla veste di Shylock, si comporta da nobile e lo diventerà sposando la ricca Portia, non per un calcolo venale che lo salvi dalla rovina o che gli permetta ancora di scialacquare. Ma per una relazione che si spiega solo in termini simbolici. Per sposare Portia bisogna, infatti, essere degni di lei, avere “cuor gentile” (qui il copiatissimo bardo “copia” il Dante di “tanto gentile e tanto onesta pare”...) il che significa essere capaci di preferire ciò che apparentemente non ha valore, sapendo trovare il vero tesoro e non facendosi ingannare dalle apparenze. Chi non si cura del denaro è migliore di chi lo accumula: questa la differenza capitale tra Bassanio, Shylock e Antonio.

Sabato 29 alle ore 18 al teatro Rossini, la compagnia incontrerà il pubblico lughese.

Info e prenotazioni: 0545 38542
info@teatrorossini.it

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