Il lavoro minorile nel libro di Thomas Casadei e Alberto Tampieri

Che cos’è il lavoro minorile? Che aspetti assume il suo sfruttamento, non solo in Italia ma in particolare in Emilia-Romagna? Sono domande al centro dello studio condotto da Thomas Casadei, forlimpopolese, docente al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia, insieme al collega Alberto Tampieri e pubblicato a luglio di quest’anno nel volume “Lo sfruttamento del lavoro minorile”, Giappichelli Editore.

Casadei, cosa si intende esattamente per lavoro minorile?

«Il lavoro minorile è un insieme di esperienze eterogenee e di volta in volta occorre ricostruirne le componenti. È questo che abbiamo cercato di documentare con la ricerca che sta alla base del volume. Non esiste una singola definizione di lavoro minorile, nemmeno tra le Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e per questo fornire una definizione di “lavoro minorile” che sia universalmente valida e applicabile indistintamente in tutti i Paesi è estremamente difficile. Basti pensare che vengono fatti rientrare nell’alveo di questa categoria fenomeni diversi: attività domestiche e di cura o comunque svolte in ambito familiare, il lavoro esterno a tale ambiente, il lavoro forzato, sino ad attività quali, ad esempio, lo sfruttamento ai fini commerciali nell’industria pornografica o nella prostituzione».

Quanti sono nel nostro Paese, e in particolare in Emilia-Romagna, i minori coinvolti nel lavoro minorile?

«A oggi non esiste un sistema di rilevazione specifico per il fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile, anche in considerazione della difficoltà definitoria. Particolarmente rilevante diviene allora l’attività di associazioni quali Save the Children, che periodicamente elaborano report di monitoraggio nei quali offrono una rappresentazione del fenomeno. Si tratta di un lavoro sovente invisibile ma che, come la cronaca stessa attesta, conosce episodi anche nel nostro territorio regionale».

Quali sono le condizioni che lo determinano?

«Il lavoro minorile è stato definito come un fenomeno caratterizzato da una natura multidimensionale, che assume questa accezione anche nelle cause: la povertà è universalmente riconosciuta come la principale causa. Come conseguenza logica argomentativa ne deriva che la povertà è spesso impiegata come concetto onnicomprensivo che include il riferimento a diversi fattori quali, ad esempio, l’analfabetismo dei genitori, i salari insufficienti degli adulti, la mancanza di scolarizzazione, nonché disastri naturali e conflitti armati endemici».

Non solo povertà

«Studi empirici – continua Casadei – hanno però dimostrato che il lavoro minorile non è unicamente determinato da forze di mercato e da fattori economici; esso rivela la sua complessità anche in termini culturali: basti pensare che in alcune società gioca un ruolo fondamentale nell’educazione, nella socializzazione ed è quasi un rito di passaggio nell’età adulta».

Che tipi di lavoro svolgono i minori e in quale ambito?

«Il fenomeno rimanda spesso, in maniera diretta, alla condizione dei “minori stranieri non accompagnati”: questa è destinata a rimanere ancora nel prossimo futuro una delle sfide più impegnative per il sistema dei servizi minorili e per le istituzioni; la condizione migratoria, l’essere disposti a tutto pur di lavorare e ripagare i debiti sostenuti dalla famiglia per il viaggio rende bambini e adolescenti significativamente esposti al fenomeno. Ancora, particolarmente rilevanti sono i minori coinvolti nel circuito penale, dove spesso la condotta penalmente rilevante assume anche i tratti della vittima di circuiti di sfruttatori. Altre modalità sono quelle connesse al lavoro svolto nell’alveo dell’affidamento familiare, i minori costretti al lavoro domestico o anche ad attività di traduzione per i componenti del nucleo familiare e della cerchia di persone prossime alla famiglia».

Quali sono le azioni di contrasto che si possono mettere in atto?

«La sfida principale riguarda il consapevole coinvolgimento e ascolto del minore coinvolto nel fenomeno; a ben vedere, una consultazione del minore vittima, o potenziale vittima, di sfruttamento del lavoro, può avere il merito di determinare una più adeguata applicazione della normativa al caso concreto, e di conseguenza, una più efficace tutela del minore, che versa in una condizione di particolare vulnerabilità. Accanto a ciò, sicuramente è importante lavorare su altri due livelli: la formazione specifica di tutti gli operatori dei servizi sociali e l’emersione di ciò che appunto, come ho cercato di mostrare nel mio contributo al volume, tende a restare invisibile».

Thomas Casadei, Alberto Tampieri (a cura di), “Lo sfruttamento del lavoro minorile. Fattispecie e azioni di contrasto”, Giappichelli, Torino, 2021

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui