Il Goldoni di Michele Placido a Forlì e poi a Faenza

Una piazzetta veneziana affollata di personaggi: gli abiti sono settecenteschi, ma potrebbero essere sostituiti da giubbotti e felpe, tanto “La bottega del caffè” parla anche dell’uomo del terzo Millennio. La commedia di Carlo Goldoni diretta da Paolo Valerio con Michele Placido, va in scena oggi e domani (ore 21) al teatro Diego Fabbri di Forlì, e al Masini di Faenza dal 4 al 6 febbraio (ore 21). Insieme al grande attore e regista, Luca Altavilla, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Anna Gargano, Armando Granato, Vito Lopriore, Francesco Migliaccio, Michelangelo Placido, Maria Grazia Plos.

La bottega del caffè è il regno di Ridolfo. Il suo antagonista è don Marzio, disincantato gentiluomo napoletano che osserva la variegata umanità del luogo come se fosse a teatro. «“La bottega del caffè” – spiega Placido – è uno dei testi che segnano il passaggio dalla commedia dell’arte alla rappresentazione della società. Non più Brighella e Arlecchino quindi, ma figure con nome e cognome che si aggirano per le strade di Venezia per poi fermarsi al caffè e chiacchierare proprio come nella realtà».

E fra di loro, il “suo” don Marzio.

«Che è uno dei protagonisti, ma anche un antieroe e fa da guida al pubblico, rivelando le verità nascoste di chi frequenta il posto: prostitute, giocatori d’azzardo, bottegai… la Venezia del tempo, un meccanismo che iniziava a subire una decadenza, che accoglieva di tutto ma non era più la signora dell’Adriatico e dei commerci con l’Oriente. Goldoni però con questa commedia per l’epoca scandalosissima, non propone solo un fenomeno storico: da vero padre del teatro moderno e contemporaneo, come affermava Monicelli, racconta la fragilità di un uomo che cerca di dare alla sua vita senso e brillantezza, ma non ci riesce. E don Marzio con la sua “maldicenza” sottolinea di vicende e personaggi aspetti apparentemente allegri e comici che si rivelano poi drammatici».

Quello che la paga più cara però è don Marzio.

«Ma in realtà, nessuno si salva, nemmeno Ridolfo che sembra voler aiutare tutti a tornare sulla retta via ma ha a sua volta un passato oscuro. E certo don Marzio non la scampa neanche per lo spettatore contemporaneo: viene tacciato di infamia, il massimo del disonore, ed è costretto ad andarsene. Lui però non fa altro che rivelare quello che i personaggi non sanno e che invece il pubblico vede, in un modo che mi ha fatto molto pensare alle fake news, con la confusione fra vero e falso, fra chi ha ragione e chi ha torto. Pensi alle versioni… allargate di quel campiello, la recentissima elezione del nostro presidente, in cui i politici si sono dilaniati e ognuno sosteneva la propria ragione come una verità assoluta! Anche per questo è terribile il monologo conclusivo di don Marzio: “Venezia è il luogo in cui tutti vivono bene, tutti godono la libertà, la pace, il divertimento… ma quando sanno essere prudenti, cauti ed onorati”. Il personaggio toglie il disturbo e se ne va, ma la commedia tragica continua».

Un lieto fine “sui generis”.

«Ma Goldoni aveva amato tanto la sua città, la sua bellezza. Allo stesso tempo, lui, avvocato, ne aveva viste di tutti i colori: ecco, allora, il finale nero, in cui nessuno riesce a lasciare di sé un’idea di “uomo credibile”, per usare le parole del giudice Livatino sulla cui storia sto lavorando per un prossimo film».

Lei in fondo don Marzio lo ama.

«A don Marzio continuo a lavorare anche dopo tante repliche per fargli incarnare la verità che l’autore voleva esprimere: un dovere civile appreso dai miei maestri».

Incontri con il pubblico: 3 febbraio (ore 18) al ridotto del Fabbri, 5 febbraio (ore 18) al foyer del Masini, ingresso libero. Biglietti: 29-27 euro.

Info Forlì: 0543 26355, Faenza: 0546 21306

Michele Placido (Ascoli Satriano, 19 maggio 1946) è attore, regista e sceneggiatore italiano. A livello internazionale è conosciuto per il ruolo del commissario di Polizia Corrado Cattani, interpretato nelle prime quattro stagioni della celebre serie televisiva “La piovra”.

Ha vinto l'Orso D’argento come miglior attore al Festival di Berlino per “Ernesto” di Salvatore Samperi e 4 David di Donatello. Dal febbraio 2021 è presidente del teatro Comunale di Ferrara.

A 18 anni, dopo gli studi superiori a Foggia si trasferì a Roma ed entrò in Polizia, partecipando come poliziotto alla battaglia di Valle Giulia.

Intrapresi gli studi teatrali presso l’Accademia nazionale d’arte drammatica, lasciò la divisa e debuttò a teatro nel 1970 col regista Luca Ronconi, nella trasposizione teatrale dell’“Orlando furioso” di Ludovico Ariosto.

Dopo la partecipazione televisiva ne “Il picciotto” (1973), nel 1974 entrò nel mondo del cinema, interpretando accanto a Ugo Tognazzi e Ornella Muti “Romanzo popolare” di Mario Monicelli. Ha lavorato con molti grandi registi prima di darsi lui stesso alla regia, sia cinematografica (tra gli altri “Un eroe borghese”e “Romanzo criminale”) che teatrale.

Nel 2009 ha ricevuto il Premio Federico Fellini 8½ al Bif&st di Bari.

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