Il garibaldino Cipriani raccontato da Sassi a Rimini

Cultura

RIMINI. Dotato di grande coraggio, animato da uno spirito teso alla costante difesa della democrazia, profondamente convinto della necessità di combattere in nome dell’eguaglianza sociale, Amilcare Cipriani fu un uomo capace di lasciare una profonda traccia nelle pagine della storia italiana, e non solo.


Ne fornisce un ritratto preciso, puntuale e allo stesso tempo appassionato Marco Sassi (classe ’78), artefice di saggi e monografie storiche che – all’interno della collana “Le Turbine” edita dalla Bookstones, casa editrice riminese fondata nel 2009 dall’autore insieme a Ilaria Balena e Simona D’Ambrosio – pubblica Amilcare Cipriani il rivoluzionario, ricostruendo con meticolosa cura la figura di uno dei più grandi padri della libertà.
La biografia – che viene presentata oggi alle 17.30 nella sala degli Arazzi del Museo della Città quando l’autore dialogherà con lo storico Andrea Santangelo e Teresio Troll leggerà qualche brano – è corredata da numerosi documenti iconografici capaci di rendere ancor più vivida la ricostruzione – approfondisce con lucidità l’esistenza dell’“uomo più rosso d’Italia”, come lo definì all’epoca il giornalista Paolo Valera, e diviene occasione per narrare le gesta del rivoluzionario, che trascorse la vita a combattere per affermare gli ideali in cui credeva e per diffondere il messaggio di fratellanza di cui decise di essere portavoce fino alla fine dei suoi giorni. Nato ad Anzio nel 1843, dopo aver vissuto fino all’adolescenza a Rimini, Cipriani partecipò giovanissimo alle lotte risorgimentali, disertò dall’esercito regolare per unirsi a Garibaldi, ebbe un ruolo di primo piano nell’ambito della Comune di Parigi e conobbe i lavori forzati e lunghi anni di detenzione. Esule in diversi Stati europei, partecipò a numerose azioni di lotta – che lo condussero in Francia, Egitto, Inghilterra, Grecia e in molti altri luoghi – e visse un’esistenza segnata da diverse condanne da parte della polizia, che lo accusava di attività sovversive e che lo rinchiuse più volte in carcere, anche in quello della sua amata Rimini, città che fu per il rivoluzionario il luogo degli affetti ed allo stesso tempo quello della prigionia.


Vicino agli ambienti mazziniani, aderì successivamente alle idee anarchiche e al socialismo, mantenendo inalterato un fiero individualismo, che lo portò a divenire un vero e proprio mito moderno, capace di incarnare non solo la figura del garibaldino, del comunardo e del combattente, ma altresì quella del socialista, nel senso più originario della parola: fino alla morte a Parigi nel 1918, Cipriani si mosse infatti con decisione e “lucida follia” per difendere i popoli, nel nome della democrazia e dell’eguaglianza sociale.


Uomo d’azione, mosso dalla forza dei propri ideali, il combattente – di cui il testo di Sassi riproduce integralmente anche il diario scritto durante la detenzione scontata sull’isola d’Elba – pagò, come molti altri prima e dopo di lui, un prezzo altissimo per le sue azioni fatte a difesa del popolo contro ogni forma di autoritarismo.
Fu però proprio la memoria delle sue eroiche gesta – non tanto in vita, dove morì nella miseria, quanto piuttosto nel ricordo dei posteri – a tracciare un perenne solco nella storia della democrazia del nostro Paese, al punto che molti scrittori si rifecero alla sua figura per dare forma a tanti protagonisti e trame dei loro romanzi.
E certamente l’attivismo eroico di Cipriani seppe incarnare perfettamente quanto gli consigliò Mazzini, affermando: «Prendi esempio da me: cento volte ho incominciato e cento volte mi sono ritrovato solo; ma ho continuato sempre per la mia via. Gli uomini passano, l’idea resta».

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