Il discorso di Kennedy e il rigore

Ci sono discorsi che restano nella storia e a distanza di anni sono ancora attuali. Uno è questo: “Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. John Fitzgerald Kennedy lo pronunciò il giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, il 20 gennaio 1961. Parole citate e commentate migliaia di volte, in tutto il mondo, per una causa giusta. Un appello alla responsabilità che ha valore universale.
Capita di ripensare a JFK leggendo le cronache dei quotidiani. In un paese nasce un comitato per contestare un’antenna telefonica. Le motivazioni sono note, ma fa un certo effetto constatare che gli abitanti abbiano uno o due cellulari a testa, lieti di sottoscrivere abbonamenti con la stessa compagnia che applica tariffe vantaggiose. Così come si moltiplicano le proteste contro Ztl e isole pedonali che allontanano le auto dai centri storici, «perché così non verrà più nessuno e i negozi chiuderanno». In realtà, purtroppo, falliscono lo stesso perché è più conveniente fare shopping su Amazon restando seduti sul divano. E quando ci innervosiamo perché siamo bloccati in un vicolo dal furgone di un corriere, ricordiamoci che aspettiamo anche noi una consegna a domicilio. Lo smog in città è servito, altra petizione in vista.
Non parliamo poi del rapporto conflittuale con le fonti energetiche. Le pale eoliche deturpano l’orizzonte, come sostiene Vittorio Sgarbi, le centrali elettriche inquinano e i parchi fotovoltaici rovinano l’orizzonte. C’è qualcuno disposto a rinunciare alla corrente elettrica in casa? No.
Nel calcio si raggiunge il top. Pochi giocatori ammettono di aver commesso il fallo da rigore, dopo la pedata alzano le mani giurando sulla propria innocenza. Poi è arrivato il Var a ristabilire la verità mettendo a nudo simulazioni e malafede. Il Grande Fratello lotta insieme a noi.

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