Il decano dei salvataggi: «Passione e lavoro: i miei trent’anni a salvare vite, altro che "cocali"»

La metà esatta della sua vita l’ha trascorsa con la canotta rossa in riva al mare, a scrutare le onde con il binocolo e a vigilare sulla salute dei bagnanti. Sempre lì, a due passi dal portocanale. Riminese doc, 62 anni, Stefano Lucchi è infatti il salvataggio della spiaggia libera su cui si affaccia la ruota panoramica dal 1961. Era il 1991 quando lo ha fatto la prima volta, una vita fa, un’altra Rimini, ma anche in questi ultimi sgoccioli di stagione continua a “servire” residenti e turisti che vogliono regalarsi qualche ora sul bagnasciuga come il primo giorno. Stessa meticolosità, stessa passione, stessi rituali, stesso entusiasmo. Ieri è stato l’ultimo giorno della stagione 2022, l’ennesima portata a termine da “baywatch” romagnolo. All’inizio per la Cooperativa Bagnini, da qualche tempo per la Cooperativa Onda Anomala che coordina i salvataggi delle spiagge libere.

Lucchi, perché ha scelto questa vita?
«Il mare è sempre stata la mia passione. Fin da bambino. E vi ho sempre lavorato, nella pesca, come subacqueo, poi ho fatto il salto e ho scelto questa zona perché il porto era un po’ il nostro Luna Park: si facevano i tuffi, ci si divertiva, eravamo sempre qua a giocare, da oltre 30 anni ci sono per lavoro».
Che estate è stata quella appena chiusa?
«Una stagione impegnativa, con molte giornate di mare mosso e corrente. C’è stata tantissima gente e le spiagge libere sono solitamente ancora più affollate: abbiamo una media di 1.000 persone al giorno sulla sabbia e 500 in acqua. E’ stata anche l’estate del ritorno di molti stranieri, che in linea di massima sono molto disciplinati anche sotto il profilo della raccolta rifiuti in spiaggia. Non lasciano niente dietro di loro e si informano molto sulla sicurezza in mare: sono più formati da questo punto di vista e come Associazione Marinai di Salvataggio della provincia di Rimini (raccoglie trasversalmente tutti i 180 salvataggi fra Bellaria e Cattolica) abbiamo fatto cartelli ad hoc in più lingue sulle correnti in uscita per agevolarli».
Come si svolge quotidianamente la vostra giornata?
«Lavoriamo in equipe e collegamento radio anche con colleghi di altre cooperative ed è molto importante soprattutto l’opera di prevenzione: ci avvisiamo l’un l’altro di pericoli quali vento a terra, correnti, persone in acqua… Quando ci sono situazioni di rischio comunichiamo con i fischietti e da quest’anno anche con il megafono. Per i salvataggi utilizziamo poi pure una tavola da surf».
Ha dovuto compierne di importanti quest’anno?
«Ci sono stati due interventi di recupero con entrata del 118, per fortuna finiti entrambi bene, con ritorno dello stato di coscienza e mini ricovero».
Come sono cambiati i bagnanti nel tempo? C’è maggiore o minore attenzione?
«C’è più consapevolezza sia nelle persone che in noi lavoratori: una volta, trent’anni fa, ero su una sedia sotto un ombrellone, dovevo guardare 500 metri e non avevamo pinne, maschere, cannocchiali, palloni Ambu per ventilare o defibrillatori. Né le torrette. Tutte queste dotazioni sono venute attraverso ordinanze balneari figlie di nostre richieste dopo aver studiato le problematiche del lavoro».
Da sempre chiedete un calendario più ampio, con i cambiamenti climatici diventa sempre più un’esigenza eppure le resistenze sono tantissime.
«Una volta la stagione era fisiologicamente lunga quattro mesi, poi è stata ristretta permettendo alle attività balneari grazie all’elioterapia di stare aperte senza salvataggi. Quest’inverno abbiamo incontrato tutti i sindaci in forma congiunta in videoconferenza e abbiamo strappato la promessa verbale di allungare la stagione, poi purtroppo i giochini della politica hanno visto qualcuno tirarsi indietro: chiedevamo il 25 settembre come data di chiusura, alla fine abbiamo ottenuto una settimana in più ed è un primo grande risultato. Ma al tavolo avevamo fatto tre richieste e voglio ricordarle. La prima è che quando c’è balneazione ci sia sempre il servizio di salvataggio, perché a fine stagione c’è gente che affoga chiedendo invano aiuto, a differenza dell’estate, e non è concepibile. La seconda è l’internalizzazione del salvamento nel sistema pubblico. La terza è uniformare e rinnovare i contratti di lavoro della categoria fermi da anni».
Cosa risponde a chi commenta le vostre richieste di prolungare il servizio dicendo che a settembre state in spiaggia a guardare i cocali?
«Non vale neanche la pena di rispondere, chi lo dice non ha le qualifiche per giudicare un servizio come il nostro in sinergia con il 118, che ha numeri impressionanti. Sono quelli la migliore risposta, In attesa di avere i dati 2022, basta vedere cosa è successo negli ultimi tre anni fra il 15 e il 30 settembre: ci sono state di media 29 entrate del 118 in spiaggia e 9 codici rossi. Inoltre, dall’11 al 15 settembre scorsi, nei giorni in cui non avrebbe già dovuto più esserci il servizio ci sono stati due interventi con defibrillatore. C’è ancora tanta strada da fare: in altri Paesi ci sono ad esempio unità motorizzate collegate a riva, noi le chiediamo dal 1997, sono passati 25 anni e mi sa che andrò in pensione senza vederli. Senza considerare il fatto che in Europa ci sono dotazioni di sicurezza in spiaggia tutto l’anno, anche d’inverno. Quando vengono fatti i tavoli per il Piano Spiaggia andrebbe ascoltato anche chi come noi la situazione la vive ogni giorno e potrebbe dare suggerimenti per allinearci a modelli come Spagna, Francia o anche Argentina».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui