Il De Filippo di Lino Musella al Comunale di Russi

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Si intitola Tavola tavola, chiodo chiodo… lo spettacolo portato in scena questa sera e domani alle 20.45 al Comunale di Russi di e con Lino Musella. L’allestimento, tratto da appunti, articoli, corrispondenze e carteggi di Eduardo De Filippo, nasce nella forzata pausa imposta dalla pandemia, dagli studi di Lino Musella (Premio Ubu 2019 migliore attore).

Musella, come ha iniziato a lavorare a questo spettacolo?

«La pandemia ha portato l’esigenza di attivare una riflessione sul teatro. Ho cercato così di rifugiarmi nelle parole dei grandi per cercare conforto, ispirazione o addirittura per trovare, in quelle stesse parole scritte in passato, risposte al presente. Mi è tornato in mente un libro di Maria Procino che avevo letto molti anni fa e che ritraeva Eduardo De Filippo in una veste diversa, quella del capocomico e dell’impresario. Da qui è partita una riflessione sull’importanza del teatro all’interno del disegno politico. Tavola tavola, chiodo chiodo… sono le parole con cui termina la dedica che Eduardo riserva a Peppino Mercurio, il suo storico macchinista, e che fa incidere su una lapide tuttora posizionata sul palco del San Ferdinando. Un omaggio al suo sodale capomastro che tavola su tavola, appunto, aveva ricostruito quello stesso palco distrutto dai bombardamenti nel ’43».

In questa operazione ha collaborato con Tommaso De Filippo (figlio di Luca e nipote di Eduardo)?

«Sì, Tommaso cura ora i diritti della famiglia. Durante il lockdown mi aveva proposto di fare un lavoro su Eduardo in forma di poesia, così ho rilanciato con la controproposta di lavorare su tutti questi materiali. Nella fase di ricerca è stata fondamentale Maria Procino che mi ha affiancato e mi ha consegnato tanti carteggi».

Si scopre una visione nuova di De Filippo?

«Sì, inizialmente non volevo tracciare la sua vita, ma è venuto tutto fuori da sé perché ha attraversato momenti epici come due guerre, il dopoguerra e tante storie. Emerge il suo impegno in ambito teatrale, quando si rivolge alle Istituzioni o in note private riferite ai suoi sodali (come quelle dei carteggi relativi all’impresa estenuante per la ricostruzione e il mantenimento del Teatro San Ferdinando). Ma non solo: quando è stato eletto senatore a vita ha capito che era necessario affrontare le problematiche legate ai giovani e così ha seguito da vicino le vicende dei carceri minorili. Qui risiede la sintesi poetica della sua figura, perché il teatro si occupa prima di tutto di umanità».

In scena ci sono le musiche dal vivo, che ruolo hanno?

«Marco Vidino esegue dal vivo brani inediti e di repertorio che riescono a tenere insieme le diverse parti narrative dello spettacolo».

Come viene accolto questo spettacolo dal pubblico?

«Il lavoro aveva debuttato lo scorso anno e dopo quattro giorni ci siamo dovuti fermare, quindi c’era un po’ di preoccupazione sul fatto che il messaggio potesse arrivare a tutti con il nostro stesso entusiasmo, invece finora è stato accolto molto bene. La vera risposta ce l’hai dal pubblico a cui è necessario parlare chiaro».

In questo periodo ha ricoperto molti ruoli anche al cinema: nel film di Sorrentino “È stata la mano di Dio” e ne “Il bambino nascosto” di Roberto Andò, o ancora in “Qui rido io” di Martone e “Lei mi parla ancora” di Avati.

«Sì, nonostante la chiusura dei teatri ho avuto la fortuna di lavorare con grandi registi e tra marzo e luglio ne arriveranno altri: “Pataffio” di Lagi, “Princess” di De Paolis e “L’ombra del giorno” di Giuseppe Piccioni».

Info: www.comune.russi.ra.it

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