Il confronto tra mondi diversi

Il comizio che Salvini ha tenuto a Cesena può essere raccontato in tanti modi. Uno può essere il resoconto della lista di slogan preconfezionati che ha srotolato davanti ai suoi seguaci osannanti, gli stessi slogan che ripete da anni ovunque vada e qualunque cosa sia chiamato a dire. D’altronde funzionano. Sono semplici, oserei dire primitivi, e quindi tutti li possono capire. Senza bisogno di sforzarsi a ragionare, attività faticosa e che non sempre offre soluzioni a portata di mano, mostrano scorciatoie, che spesso in realtà non esistono, anzi a volte portano dritto dentro un burrone.

Riescono a tirare fuori la parte peggiore che ciascuno di noi, in diversa misura, ha dentro di sé, quella fatta di paure e rabbia. Attivano il rassicurante e al tempo stesso adrenalinico meccanismo noi-loro. Creano l’illusione che a problemi complessi si possano dare risposte facili, affidandone la soluzione a uno pseudo protettore che sa magistralmente alternare modi da macho e suadenti inganni da pifferaio magico.
Ma c’è anche un altro modo per raccontare la sortita elettorale fatta da Salvini a suon di propaganda a prezzo di saldo. È quello dell’altra Cesena, fatta di persone molto differenti tra di loro ma unite da uno sguardo sul mondo diametralmente opposto, un’idea delle relazioni tra esseri umani alternativa a quel modello, pensieri e parole usate non per scatenare gli uragani che sono l’habitat naturale della Lega ma per provare a costruire tutti assieme un riparo dagli uragani che sia per tutti. Perché gli uragani esistono, eccome. Ci sono problemi reali e urgenti a cui dare risposta, dalle nuove povertà al disastro ambientale in atto. Il futuro ci presenta sfide da far tremare le vene ai polsi, a cominciare dall’impatto che l’impetuosa rivoluzione tecnologica avrà sulle nostre esistenze e che ci obbliga a rimettere in discussione tante cose, tra cui l’organizzazione del lavoro. Senza dimenticare minacce più profonde che toccano le coscienze e i cervelli di tutti: una forte tendenza all’isolamento, un incattivimento generale palpabile, un senso civico in caduta libera, un’ignoranza e una disinformazione dilaganti, l’idea pericolosa che democrazia significhi che chi ha più voti ha il diritto di fare quello che vuole, un certo fastidio per libertà e diritti che abbiamo dato troppo frettolosamente acquisiti per sempre e invece vanno coltivati con cura e difesi con attenzione.
Mentre in piazza Almerici rimbombavano le parole d’ordine salviniane, incendiarie ma incapaci di indicare un cammino per passare attraverso tutte quelle sabbie mobili, in piazza Amendola c’era un’altra umanità. Le due piazze distano appena cento metri, eppure erano separate da un abisso che ancora prima che politico si potrebbe definire antropologico. Cosí come c’era un abisso tra i sostenitori di Salvini e alcuni ragazzi e ragazze che in modo pacifico e coraggioso hanno espresso il loro dissenso con messaggi controcorrente che hanno mostrato in mezzo a quella folla accalcata sotto il palco su cui il ministro faceva il suo show.
Il confronto tra quei due mondi non si esaurirà di certo domenica dentro la cabina elettorale. Quell’appuntamento ha forse più importanza che mai. Ma il futuro dipenderà soprattutto da quale delle due visioni del mondo e degli esseri umani prevarrà nel mondo e tra gli esseri umani. Nella vita e nelle azioni di ciascuno tutti i giorni, oltre che nei palazzi della politica.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui