Il commercio ambulante regge, ma ora serve il cambio generazionale

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Quello ambulante è stato una delle prime forme di commercio conosciute, alla base di una forma di economia cresciuta attorno al concetto di compravendita. Un modello che ha attraversato crisi, mutamenti nelle abitudini di acquisto, digitalizzazione e persino l’avvento dei grandi centri commerciali, uscendone sempre forte e con una struttura che, comunque, sembra rimanere ben solida e, soprattutto, ancorata ai territori, dove il mercato settimanale è visto come un momento di aggregazione e non solo un luogo nel quale fare acquisti. Nemmeno l’ultima crisi, quella sanitaria, che ha comunque colpito duro, sembra aver scalfito il sistema degli ambulanti, che nel 2020 hanno perso circa quattro mesi di lavoro e l’anno scorso appena uno. Certo si sono dovuti adattare a una vita meno frenetica tra le bancarelle. Una vita fatta di ordine, mascherine, transenne all’ingresso e all’uscita, forze dell’ordine che presidiavano.

Nonostante questo, però, il commercio ambulante romagnolo dall’anno scorso ad oggi ha perso più di duecento mercanti. Se prima tra Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena gli ambulanti superavano i 2.500, oggi sono scesi a 2.300 (a livello nazionale le licenze date indietro sono state 22mila in un anno, il 10% del totale). Cosa sta succedendo a un business che in Romagna vale centinaia di migliaia di euro e che ogni giorno, in modo itinerante, attraversa tutto il territorio? A individuare il problema ci pensa Guido Guidazzi, presidente Fiva Confcommercio Cervia e vicepresidente di Fiva nazionale, quando dice: «la risposta si trova in un cambio generazionale che non sta avvenendo».

Il business in numeri

Insomma, l’idea di diventare un commerciante ambulante non sembra attirare i giovani, con la conseguenza che i proprietari delle licenze ogni anno vedono le bancarelle diminuire al loro fianco. E questo nonostante nel 2018 le associazioni di categoria siano riuscite a portarsi a casa un risultato di tutto rispetto, allungando le concessioni fino al 2031 (fuoriuscendo così dalla tagliola della direttiva Bolkestein). «Il dialogo con i sindaci e con le istituzioni in generale – dice Guidazzi – è sempre stato molto buono, perché tutti sanno che i mercati fanno muovere le città e attirano persone». «La nostra speranza – aggiunge – è che prima o poi si verifichi quel cambio generazionale che al momento sta tardando ad arrivare, con l’effetto che in Emilia-Romagna abbiamo deciso di operare un rinnovamento, riducendo le aree di mercato del 15%. Ridurre i banchi vuol dire mantenere alta la qualità».

Parlando di cifre, in Romagna i mercati hanno un costo per i commercianti pari a 600 euro l’anno per un posteggio singolo da 35 metri quadrati, a cui bisogna aggiungere la Tari. Prezzi che, chiaramente, raddoppiano o triplicano a seconda che un ambulante voglia allargare la propria attività, occupando una porzione di suolo pubblico più ampia. La storia dietro ai banconi, invece, è fatta di piccolissime imprese familiari che vivono del commercio itinerante per la Romagna, spostandosi dal lunedì al sabato tra i comuni di Forlì, Alfonsine, Russi, Lugo, Faenza, Cesena, Rimini, Ravenna, Bellaria, Cesenatico e paesi come San Pietro in Vincoli e Forlimpopoli. Solo un venti per cento circa di queste microimprese ha anche un negozio di proprietà.

Ambulanti-negozianti

In attesa che trovi il modo di rinnovarsi, specialmente sotto il profilo delle nuove licenze, c’è un tasto che rimane dolente in questo business a spasso per le città ed è il rapporto con il commercio tradizionale. «Un rapporto – ammette Guidazzi – che non è certo dei più buoni. C’è quella che potremmo definire: una convivenza tacita. Il fatto che alcuni di noi sono diventati anche negozianti ha aiutati a farci sopportare», ma diciamo che l’amore non è mai scattato.

Specialmente in aree dove il mercato degli ambulanti è particolarmente forte. Si pensi a quello di Cervia che, con oltre 420 banchi, è considerato uno dei mercati più grandi d’Italia. A Ravenna, giusto per dare qualche numero, ve ne sono “appena” 240. Cercando di tracciare una linea che divida quanto accaduto nei due anni passati e quanto sta accadendo oggi, nonostante tutto Guidazzi assicura che «le piazze romagnole del commercio ambulante hanno retto e continuano a reggere bene. Il mercato attira sempre tantissime persone, specialmente a Ravenna, e la Regione in questi anni difficili, comunque, ci ha sostenuto». I consorzi dei mercatini, presenti a Ravenna e Rimini (quello di Forlì-Cesena si è sciolto), nei due anni passati avevano infatti aperto un dialogo diretto con l’assessore regionale Andrea Corsini, riuscendo ad ottenere 3mila euro di bonus fiscali a famiglia. «Ora guardiamo al futuro. Il momento, ancora, non è dei migliori, ma siamo ottimisti».

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