Il Cesena, i gol di Shpendi e il tovagliolo di Tavecchio

Il parco attaccanti del Cesena è il reparto che ha subito le evoluzioni più interessanti. Merito dei gemelli Shpendi, le vere rivelazioni di questo campionato. In mezzo a un mercato dove Toscano è stato accontentato in tutto, è andata a finire che il giocatore più forte era in casa, a riprova di una cultura di settore giovanile che funziona. Ogni gol di Stiven e ogni corsa di Cristian sono un riassunto di quello che vuol dire senso di appartenenza. In più stimolano una riflessione su una squadra Primavera che ha concrete possibilità di retrocedere, al di là del gagliardo pareggio di oggi con l’Inter. Un anno fa vincere il campionato non era il primo dovere della Primavera. Allo stesso modo, un’eventuale retrocessione di quest’anno non sarà da vivere come un dramma. Anche la Primavera ha avuto un bel rimpasto di giocatori al mercato, ma il migliore modo per difendere il settore giovanile in gennaio è rinforzare la prima squadra e provare in tutti i modi ad andare in B. Il Cesena in B è la via per alzare il livello di un vivaio con tecnici davvero bravi, gente che i giocatori li sa costruire. Il Cesena in B ha un minimo di speranza di tenere qui Stiven Shpendi. Il Cesena in B ha un patrimonio credibile per dire a un genitore o a un procuratore: “Noi il ragazzino non lo vendiamo, lui resta qui e se continua così, gioca in B con noi in prima squadra”.

Parentesi finale per Carlo Tavecchio, ex presidente federale scomparso nei giorni scorsi. Un veterano del calcio italiano che passerà alla storia come quello che diceva malissimo anche le cose giuste. Per denunciare l’invasione di stranieri nel nostro calcio, se ne uscì con quella agghiacciante storia di Optì Pobà che mangiava la banana in Africa: roba che ti fa espellere anche da Barbara D’Urso. Al di là di una immagine mediatica che percuoteva a suon di scivoloni, Tavecchio restava una persona godibile e simpatica, come dimostrò in una serata conviviale insieme ad alcuni giornalisti cesenati. In mezzo a ragionamenti sui campi in sintetico (un suo mantra) e sul suo impegno di volontariato in Africa, a un certo punto della serata Tavecchio venne raggiunto da una telefonata degli organizzatori del Premio Ciotti 2006, la gara degli striscioni allo stadio lanciata da Cristiano Militello di “Striscia la Notizia”. Tavecchio, all’epoca presidente della Lega Dilettanti, era tra i giurati del concorso, ma se ne era completamente dimenticato.

Paonazzo e impreparato, si fece subito mandare via mail l'elenco degli striscioni in gara e chiese aiuto a due giornalisti cesenati al tavolo con lui.

“Ragazzi, datemi una mano. Fatemi voi da giuria e scegliamone tre al volissimo. Facciamo presto, ecco la mail, ve la inoltro”.

Alcuni striscioni erano dei capolavori. Magnifico quello del Messina dedicato al centravanti Riccardo Zampagna (“I cugini di Zampagna”), poi altri reperti del calcio come “De galactico solo li brufoli” (i romanisti dopo il passaggio di Cassano al Real), “Moggi l’è inutile che tu chiami con l’anonimo” (Fiorentina), “Vi tifiamo per inerzia” (Inter) e c’era pure un concorrente da Cesena (“Il Cesena è rock, il Bologna è lento”).

I giornalisti scelsero tre striscioni e li presentarono a Tavecchio scrivendoli su un tovagliolo di carta. Tavecchio guardò il tovagliolo scrollando la testa.

“No ragazzi, non ci siamo. Non vanno bene”.

“Perché presidente, non sono divertenti?”.

“Certo che sono divertenti, ma cosa c’entra? Non si fa così a scegliere. Ne avete scelti due del Sud e nessuno del Centro Italia. Dobbiamo sceglierne uno del Nord, uno del Centro e uno del Sud, così non si scontenta nessuno”.

Di lì a poco sarebbe diventato presidente della Figc. Ci aveva appena anticipato come avrebbe fatto usando un tovagliolo di carta.

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