Il campione ucraino di 15 anni di arti marziali: "Così Rimini mi ha accolto"

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«A Rimini ho trovato molti amici e ho la possibilità di allenarmi assieme a professionisti». Va immediatamente allo sport il pensiero di Roman Bondariuk, 15 anni, originario di Chernivtsi, città dell’Ucraina a 40 chilometri dal confine con la Romania diventata uno fra i punti di transito più importanti per le persone che stanno scappando dalla guerra e uno fra i più grandi centri di smistamento degli aiuti umanitari. Roman ha lasciato il proprio Paese assieme ai genitori e ai due fratelli più piccoli, e ha raggiunto la nonna paterna Elena il 17 aprile.

Che cos’è per lei lo sport?

«Nella mia vita, lo sport viene subito dopo la mia famiglia, prima di qualsiasi altra cosa. Pratico sport da 10 anni. Faccio arti marziali come il grappling (prima chiamato “lotta universale” ndr), le Mma (arti marziali miste, ndr). Ho vinto diversi campionati in Ucraina. E nel dicembre del 2021 ho partecipato al Campionato del mondo di grappling che si è svolto in Turchia, dove mi sono aggiudicato il titolo di campione del mondo nella categoria 15 anni-65 chilogrammi. Ho potuto raggiungere questi risultati grazie alla preparazione quotidiana e alla professionalità dei miei allenatori».

A Rimini ha potuto continuare a fare sport.

«Ho conosciuto Roberto (Macrelli, fondatore dell’Accademia di arti marziali, ndr) e ho proseguito la mia preparazione. Nel maggio di quest’anno mi è stato proposto di partecipare ai Campionati mondiali di arti marziali nella Repubblica di San Marino, dove mi sono classificato primo nel grappling e ho vinto la medaglia d’oro».

Che accoglienza ha trovato a Rimini?

«Sono veramente grato all’Italia e agli italiani, per l’aiuto e il sostegno che ci stanno fornendo. Li ringrazio di cuore tutti».

Ci sono parenti o amici che sono rimasti in Ucraina e con cui è in contatto?

«I nonni materni, altri miei parenti e tanti amici sono rimasti in Ucraina».

Che cosa prova leggendo le notizie e guardando le immagini che arrivano dall’Ucraina?

«Fortunatamente, la mia città non ha ancora subito l’aggressione dei russi. Tutti i giorni e tutte le notti, però, suonano le sirene. È inquietante. Ho amici in ogni città, e leggo e guardo sempre con ansia le notizie. Molti fra loro non ci sono più».

Spera di tornare a casa, come qualcuno sta già facendo? O sta pensando a un futuro lontano dall’Ucraina?

«Spero davvero di tornare a casa. Ma la situazione è ancora molto pericolosa».

Lo sport dovrebbe essere un’occasione di unità fra i popoli. Alcuni atleti russi, però, sono stati esclusi da alcune competizioni internazionali. Che cosa ne pensa?

«Sono d’accordo sul fatto che la Russia, uno Stato aggressore, sia stata esclusa dalla partecipazione ad alcune manifestazioni. A causa delle sue azioni, ha distrutto la vita delle persone: molte stanno morendo e altrettante sono costrette ad abbandonare le loro case».

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