Il campione di Fiumana, Genunzio Silvagni: "Moto e auto, passione nata nell'officina di papà"

Archivio

Moto e auto non hanno segreti per Genunzio Silvagni, cresciuto nell’officina del padre e del nonno dove il cuore batteva allo stesso ritmo dei motori che aggiustava. Prima la passione per le due ruote, con la conquista di tre titoli italiani e un Motogiro negli anni Cinquanta, poi quella sulle quattro ruote sui quali ancora si cimenta in gare di regolarità, ora come navigatore ma in passato anche come ottimo pilota. In mezzo, una vita piena di emozioni, sempre vissuta con grande umiltà. Genunzio Silvagni, classe 1935, nato e residente a Fiumana è un romagnolo tutto d’un pezzo schietto come un bicchiere di Sangiovese. Ha gli occhi vispi e l’entusiasmo di un ragazzino, ed è un fiume in piena quando racconta la sua vita di pilota di moto e auto, che ha raccontato in tre libri: I miei anni con la Laverda, Dalla Laverda alla MV… alla Motobi e Mi chiamavano “maestro”.
Il campione di Fiumana non è diventato famoso come i personaggi della MotoGp, le sue gesta sono addirittura sconosciute a molti romagnoli, ma Genunzio Silvagni negli anni Cinquanta ha fatto sognare centinaia di ragazzini e ha fatto impennare le vendite delle moto Laverda grazie alle sue vittorie e alle gare spericolate in sella alle piccole Laverda monocilindriche 75 e 100. Dei capolavori di meccanica con le quali Silvagni prima delle gare si allenava sfrecciando a manetta tra Forlì e Villafranca. «Io correvo con delle moto che non hanno nulla a che vedere con quelle di oggi – afferma Silvagni – l’elettronica non esisteva, non c’erano tute super protettive e la differenza la faceva l’intesa tra l’uomo e la moto e una preparazione meticolosa che costava tanto impegno, ma anche tanta soddisfazione. Io ad esempio andavo bene sul bagnato perchè quando pioveva prendevo la moto e mi facevo centinaia di chilometri, traendone grandi vantaggi».
Se chiedete a Silvagni cosa significa essere un pilota, la risposta è semplice: «tutto». E il “ragazzo” di Fiumana detiene anche un primato: quello di non essere mai caduto in moto. Impresa non da poco visto che sfrecciava sempre al massimo della velocità. Da giovane, lo chiamavano Silvagnino re della Rocca perché già a 16 anni dava della paga a tutti la domenica nella mitica sfida Predappio-Rocca delle Caminate. Così si è messo in luce, attirando l’attenzione della Laverda con la quale ha vinto il titolo italiano nel 1956 e 57 e il Motogiro. Poi il passaggio alla MV e infine alla MotoBi. Ma anche nelle vesti di campione Silvagni è sempre rimasto umile. «Sono nato in una famiglia di meccanici e ho cominciato in modo spontaneo ad appassionarmi alle moto – racconta – A 8 anni in pieno periodo bellico sotto l’occupazione tedesca riparavamo i mezzi militari e ho cominciato guidando qualche moto di piccola cilindrata. Dopo la guerra in officina avevamo creato un sidecar utilizzando una moto Banchi 500 e io a 12 anni consegnavo le bombole del gas, oppure facevo il tassista per il medico, la levatrice o anche una coppia di sposi». Negli anni successivi la sua passione per le moto cresce grazie al legame e all’amicizia con Primo Zanzani, corridore e tecnico dalle mani d’oro, forlivese come Genunzio e uomo in grado di modificare le moto come nessun altro, che si rivela fondamentale nella carriera di Silvagni. «La mia famiglia ha cercato in tutti i modi di farmi studiare – racconta Silvagni – ma a me interessava solo il mondo dei motori, volevo correre ma non avevo ancora l’età per poterlo fare. Nel 1954, a 18 anni, ho fatto la mia prima vera gara a Imola, poi con la collaborazione del mago delle moto Zanzani ho cominciato ad emergere fino ad essere convocato dalla Laverda. Il contratto prevedeva un compenso di ventimila lire al mese, più il doppio del premio gara messo in palio dagli organizzatori in caso di vittoria. Ed è stato l’inizio di una bella carriera. L’ultima sfida in moto l’ho fatta invece nel 1961, il giorno in cui un certo Giacomo Agostini disputava la sua prima gara, la famosa Trento-Bondone in salita».
Dalle moto alle auto
«Sulle moto non ci sono più salito e sono passato alle auto: ho cominciato con le gare di regolarità e non ho più smesso, ancora oggi faccio il navigatore. Ho conosciuto tante persone, ho dato una mano a tutti, mi chiamano “Maestro”. Silvagni ha collaborato all’organizzazione del Rally della stampa, del Gp Nuvolari e con vari enti tra i quali la scuderia Le Fonti e l’Aci Forlì a fianco dell’indimenticabile Salvatore Gioiello.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui