Il bagnino di Riccione che non cambia la spiaggia da 45 anni

Riccione

di Allegra Zanni Tutto come allora: niente fronzoli e niente “moderni lussi”, solo la brandina, l’ombrellone piantato nella sabbia e l’Adriatico sullo sfondo. È così che si presenta la zona 16 di Riccione, gestita da una vita dal bagnino Guerrino Ricci: uno stabilimento che ancora nel 2020 si presenta come “una volta”, senza tutti gli optional che vengono spesso e volentieri proposti altrove. Questa scelta controcorrente ha, per Ricci, una spiegazione semplice: in giro ci sono ormai molti imprenditori e ben pochi bagnini. Ricci è invece un Bagnino di quelli con la b maiuscola, che prova un profondo rispetto nei confronti del mare e che porta ancora una “divisa” vecchio stile, con il caratteristico cappellino da marinaio.

Da quanto tempo gestisce lo stabilimento?

«Dal 1975. Avevo 36 anni e già facevo il bagnino di salvataggio da venti. Ora ne ho 81 e sono ancora qui».

E la sua zona è rimasta sempre la stessa? Si è sempre presentata ai turisti così come la vediamo adesso?

«Qualcosa è cambiato: gli arredi vanno sostituiti quando sono rovinati dall’utilizzo e dal tempo. Ma la sostanza è sempre quella: ci sono le brandine, ci sono gli ombrelloni, le docce, le cabine e il mio gabbiotto. C’è il sole, c’è la spiaggia e soprattutto c’è il mare: quello basta. Alla fine tutto è come era, siamo noi che invecchiamo».

Non ha mai pensato di cambiare?

«No. Io sono nato e rimango un bagnino: mi occupo della spiaggia. Non ho mai pensato di aggiungere altro oltre a quello che offro. Anche quando ho dovuto ricostruire tutto daccapo a causa dei danni del maltempo (mi è successo due volte in tutti questi anni), ho rimesso in piedi le cose come erano. Un po’ è anche dovuto alla zona in cui ci troviamo: qui la costa soffre moltissimo l’erosione e non è possibile per nessuno fare grandi interventi».

Chi arriva qui non rimane un po’ deluso dalla mancanza di musica, animazione o altri servizi del genere? Penso specialmente ai più piccoli, abituati a mini club, scivoli e altalene.

«Chi viene qui viene per il mare. La gente c’è sempre stata: fa il bagno, legge un libro o il giornale e prende il sole. Ovviamente quest’anno è molto diverso. L’albergo più grande e più vicino è rimasto chiuso e i turisti un po’ ovunque sono di meno. Ma chi arriva qui è contento di quello che trova. Anche i bambini lo sono: a loro basta una paletta e un secchiello e se ne stanno a giocare sotto l’ombrellone. Spesso li presto io stesso i giochini da utilizzare. Se non ci sono musiche e balli, loro non li cercano. È come una volta, quando i bambini venivano in riviera per fare le cure: i bimbi sono sempre bimbi».

Sicuramente ci saranno tanti ospiti affezionati.

«Certo. Al pomeriggio ci riuniamo tutti vicino al mio gabbiotto per chiacchierare. Alcuni dei “ragazzi” li conosco da una vita: qualcuno è arrivato qui a 15 anni e non è più andato via. Molti scoprono di preferire la tranquillità e l’aria di mare a tutto il resto».

Come vede il futuro della Riviera e di Riccione in particolare?

«Il problema è che in giro si trovano troppi imprenditori, che non vanno mai confusi con i bagnini. I bagnini si prendono cura dei turisti e rispettano il mare, gli imprenditori vogliono far soldi. Lo vedo anche nel salvataggio, che non è un lavoro per chiunque. Molti giovani lo fanno tanto per racimolare due soldi e sono destinati a lasciare poco dopo. Sicuramente ce ne saranno invece di appassionati che credono in quello che fanno: è su di loro che dobbiamo puntare».

E lei che cosa farà?

«Il bagnino: quello che ho sempre fatto».

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