I volontari vicini ai “fratelli che combattono per la Patria”

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Con l’entrata dell’Italia nella grande conflagrazione europea, il Paese precipita nel baratro di una situazione socioeconomica di grande sofferenza e disagio. A Rimini l’industria turistica è ferma, il commercio langue e le limitazioni governative adottate lungo la fascia costiera frenano l’esercizio della pesca – le barche, prive di alberi e manovrate a remi, non possono spostarsi dal litorale oltre i 500 metri – e interrompono qualsiasi traffico marittimo. Cresce enormemente la disoccupazione; inoltre le severe disposizioni di emergenza nazionale fanno salire vertiginosamente i prezzi dei generi alimentari e costringono parecchie famiglie a vivere in uno stato di piena indigenza. Per andare incontro ai senza lavoro vengono predisposti, in via eccezionale – date le scarse risorse finanziarie del Municipio –, turni di manutenzione stradale e fognaria. Con il danaro ricevuto dal Ministero dell’Interno e raccolto dalle associazioni filantropiche si distribuiscono ai poveri farina, pane e commestibili di prima necessità e agli ammalati anche la carne. A favore dei bisognosi sorgono vari comitati umanitari che promuovono “mense popolari” e “cucine economiche”; ai più derelitti, impossibilitati a provvedere al sostentamento della famiglia, vengono concessi sussidi (Il Momento, 12 giugno e 20 novembre 1915). Per lenire la grave crisi occupazionale il Comune acquisisce dal governo la confezione di abiti militari, un’iniziativa che dà sostegno a circa tremila persone. Nell’autunno del 1915 arriva, direttamente dalle autorità dell’esercito, la commissione di 2.000 capi di mutande e camicie da destinare ai soldati. Il laboratorio per la produzione di questi indumenti è attivato a Viserbella nella villa del rag. Giulio Cesare Gamberini e impiega una ventina di operaie (Il Momento, 27 agosto 1915). Ai lavori retribuiti si aggiungono quelli completamente gratuiti svolti per puro spirito patriottico. Tante le iniziative e le opere di solidarietà messe in atto e documentate nelle cronache cittadine da maggio a novembre del 1915. Ricordiamone alcune che ci vengono riferite da Il Momento. In giugno, per sostenere i «valorosi fratelli che con tanta fede e amore si battono per il progresso, la civiltà e la grandezza dell’amata Patria», un gruppo di signore viserbellesi, capeggiate da Adele Gamberini, realizza un opificio per la confezione di maschere antigas. A questa generosa iniziativa si dedicano una ventina di “popolane”. «Il giorno 20 corrente – leggiamo sul giornale il 26 giugno 1915 – sono state offerte e spedite dai Signori Gamberini alla Duchessa di Mignano, infaticabile Presidentessa del Comitato delle Donne Bolognesi, 100 maschere e relative buste, da inviare al fronte ai nostri soldati che con tanta gloria combattono le sante battaglie per la grandezza della nostra Patria». A lavoro finito i coniugi Gamberini «offrirono alle volontarie lavoranti, vino e paste perché si inneggiasse ai fratelli combattenti». La vicinanza ai «fratelli combattenti» si manifesta in mille sfaccettature. Alcuni gestori di trattoria, per esempio, offrono il pranzo ai “richiamati” e ai loro parenti e amici. Stessa generosità è elargita ai militari feriti, reduci dal fronte e in procinto di tornare in prima linea. Uno di questi convivi ci viene riferito da Il Momento il 15 luglio 1915: «Durante il pranzo fu tutto un racconto di tanti episodi, di epiche imprese compiute, di atti di valore fatti dai nostri valorosi soldati su le aspre montagne della nostra guerra. Il ferito, ormai guarito, non vede l'ora di ritornare al fronte per compiere interamente il suo dovere di italiano e di romagnolo. Elogiato, festeggiato e regalato, abbandonò la casa, commosso di tanta affabile accoglienza, lasciando nel cuore dei padroni di casa una dolce e cara ricordanza». Qualche riccone, con villa sulla litoranea, mette a disposizione del Ministero della Guerra la propria abitazione per tutto il periodo bellico per la convalescenza degli ufficiali (26 giugno 1915). E c’è anche chi trasforma il proprio albergo in colonia per regalare ai fanciulli qualche giornata spensierata sulla spiaggia. La solidarietà, in questo particolare frangente, diviene una competizione senza limiti. Tutti si rendono utili. C’è persino chi offre il proprio tempo alle famiglie dei soldati per il disbrigo della corrispondenza e delle pratiche per ottenere sussidi e persino per inoltrare al Governo di Roma le domande di pensione nel caso di congiunto morto in guerra.

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