I "Vecc burdell" di Vince Vallicelli, blues in romagnolo

È uscito l’8 luglio l’ultimo album del batterista forlivese Vince Vallicelli. Nato nel 1951, Enzo, in arte Vince, torna dopo cinque anni con un disco interamente in dialetto dal titolo Vecc burdel, che segue i precedenti lavori Com un can sota la lona (2007) e La fevra (2017). L’album racconta i paesaggi, i sogni e la malinconia del lento scorrere del tempo, racchiusi in un vero e proprio flusso autobiografico.

Vince, diplomato in percussioni al Conservatorio di Pesaro, vanta nella sua carriera musicale numerose importanti collaborazioni, tra cui quelle con Gianna Nannini, Eugenio Finardi e Shirley King.

Vallicelli presenterà il suo album all’interno del festival Spiagge soul, nella data di Casalborsetti del 29 luglio, e suonerà anche a Faenza il 5 agosto nella rassegna Strade blu.

Cosa rappresenta per lei questo progetto?

«Rappresenta la mia vita. Tutto è iniziato negli anni 2000, quando il mio ritorno nel mondo della musica è coinciso con la riscoperta dell’amore per la mia terra. Dal momento che ho suonato con numerosi artisti blues in vita mia ho deciso di fondere la mia lingua con la musica che amo di più, il blues. Questo disco, che conclude una trilogia, potrebbe essere l’ultimo, soprattutto perché i gusti dei giovani stanno cambiando. La fevra era sicuramente un disco più intimista, con questo invece ho voluto riscoprire le mie origini di batterista».

Cosa l’ha spinta a scegliere di suonare la batteria?

«Il ritmo ha scelto me, il destino ha voluto che suonassi questo strumento. Non potendo però scegliere la batteria al Conservatorio, ripiegai sull’oboe, che apprezzavo particolarmente per la sua voce bellissima e mi diplomai in percussioni. Il ritmo fa da sempre parte della vita degli uomini, è ovunque intorno a noi ed è per questo che lo sento così vicino a me».

Qual è stata l’esperienza che ha segnato la svolta nella sua vita?

«Di tutte le esperienze che ho fatto in vita mia entrare a far parte degli Uno è stata senza dubbio la più importante. Dopo lo scioglimento degli Osanna, infatti, entrai a far parte di questa band come batterista ed ebbi l’opportunità di andare a registrare in Inghilterra, nello studio in cui all’epoca registravano anche i Queen, i Pink Floyd e i Genesis. Appena arrivato vidi Freddie Mercury che suonava al pianoforte. A 22 anni fu un incontro magico. Ho suonato con gli Uno al Ravenna festival l’anno scorso».

Come e grazie a chi è nato il disco?

«Il disco è stato inciso a Crinale Lab, un posto fantastico vicino a Brisighella, in mezzo alla natura. Hanno collaborato Roberto Villa al basso elettrico e contrabbasso, Nicola Peruch a pianoforte e organo, tra l’altro ora impegnato in tour con Zucchero; “Don Antonio” Gramentieri alle chitarre e alla produzione. Questo gruppo, con cui l’anno scorso sono stato in tour, è nato durante la prima quarantena e prende infatti il nome di Lockdown Blues. Aggiungo che io sono compositore e non autore, quindi i testi non sono scritti da me, ma da Claudio Molinari. Vecc burdell in particolare è stato scritto da Pietro Caruso, giornalista del Corriere Romagna, uomo di grande cultura e spessore».

Qual è il suo rapporto con la musica?

«Io mi interesso di tutto ciò che ha a che fare con la musica, infatti mi occupo tra le altre cose di musicoterapia e sciamanismo. In Vecc burdel ci sono molte immagini che richiamano il mondo naturale e il legame che io ho con esso. La musicoterapia poi è una cosa a cui tengo molto, lavorando negli ultimi anni con i pazienti psichiatrici qui a Forlì ho scoperto che ho delle “potenzialità energetiche” che metto a disposizione di quelli che ne hanno bisogno».

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