I sindaci lasciati soli nella neve

Ognuno combatte la sua battaglia quotidiana. I sindaci dell’Appennino romagnolo da una settimana lottano con la neve che ha sommerso i paesi, occupato le strade, fatto saltare le linee elettriche lasciando le famiglie al buio e al gelo. Hanno affiancato i soccorritori nelle ricerche della psicologa dispersa - poi ritrovata senza vita - guidato le ruspe, tagliato i rami di alberi pericolanti, aperto un varco davanti a una porta. Da Montecopiolo in giù va in scena un film già visto: gli amministratori comunali armati di pochi mezzi e tanta buona volontà per fermare con le mani una valanga. Si tratta di un’emergenza nazionale, hanno ripetuto, ma lo Stato in Valmarecchia e Valle Savio non si vede.
Dove sono i ministri e i sottosegretari con il loro codazzo di portavoce e portaborse?
Dov’è il governo italiano eletto a furor di popolo? Non è la prima volta che la Romagna vive questo dramma. Nel 2012 fui inviato a San Leo per raccontare il dramma del “nevone” al seguito dei Vigili del fuoco di Ferrara in missione per soccorrere la popolazione stremata. Incontrai il sindaco Mauro Guerra in tenuta da battaglia: stivaloni, tuta da sci, due cellulari che trillavano di continuo, occhiaie di chi non dormiva da giorni. La scena oggi si ripete con i suoi colleghi coraggiosi. La storia non ha insegnato nulla, a quanto pare. Agli amministratori, di qualsiasi schieramento, la massima stima e solidarietà. La vera politica si fa nei municipi, nelle piazze, tra la gente. Anche con un badile se serve ad aiutare i concittadini in difficoltà. In una regione che brilla per solidarietà con i suoi volontari, come il medico con le ciaspole che visita a domicilio, porta le medicine ai pazienti. E una parola buona che scalda il cuore.

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