I Sangiovesi di Castrocaro sull'antico oceano sotterraneo

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L’unione fa la forza, e la sottozona pure. Sempre più vignaioli romagnoli se ne stanno rendendo conto e cominciano a fare squadra per territori, nell’ottica di unire le proprie forze in un racconto comune, salvaguardando ciascuno le proprie specificità. Hanno tracciato la strada in quel di Modigliana, nella “parallela” vallata in salita del Tramazzo, ora tocca ai vignaioli della vallata del Montone. Un nucleo di sei produttori, disposti a guardarsi intorno e a coinvolgerne altri che lavorano sui confini, che per la prima volta si sono presentati con i loro Sangiovesi in una degustazione unitaria guidata dal sommelier Ais Vitaliano Marchi.

Scoprire la sottozona

Sono dieci anni che il Sangiovese gode di una mappatura dettagliata per sottozone che altro non voleva fare che certificare le specificità dei territori per accrescerne il valore e sottolinearne la qualità. Eppure a volte la promozione viaggia addirittura più lentamente dei decreti ministeriali di certificazione, questo, sommato alla pigrizia di un consumatore che magari si affida solo al main stream anche in fatto enologico, ha rallentato a lungo la Romagna. Il Consorzio di promozione turistica Castrumcari ha deciso di uscire allo scoperto e compiere un primo passo coinvolgendo i produttori locali, in accordo con il veterano del gruppo Fiorino Fiorentini, coordinatore per la menzione Castrocaro.

Oceani sotterranei e vini

Che quello di Castrocaro sia un territorio interessante dal punto di vista turistico è fuor di dubbio. La fortezza medievale, le mura rinascimentali di Terra del Sole, la città ideale fatta costruire da Cosimo I De Medici. I percorsi naturalistici, le Terme. Già, e sono quelle stesse acque salso bromo iodiche che scorrono ancora nel sottosuolo, resti di un oceano antico, di cui visibile è la parte emersa di calcare e argille, che caratterizzano questi terreni e che danno al frutto della vite caratteristiche organolettiche precise e identificabili. Non si sale troppo in alto in queste colline, si va dai 70 metri sul livello del mare della luminosa Terra del Sole ai 250 metri di Bagnolo. Ma geologicamente la zona è interessante e variegata, contrassegnata com’è dal cosiddetto spungone, roccia calcarea ricca di fossili marini affiorante in più punti, argille profonde e di varie epoche, zone ricche di sabbie. Caratteristiche che influiscono su alcune caratteristiche ricorrenti dei Sangiovesi, in particolare, che qui si producono: tannini gentili, che vanno incontro anche al gusto attuale facilitando la beva, sapidità, in alcuni casi più spiccata (e in realtà maggiormente evidente in certi bianchi come le albane di queste zone).

La degustazione

La prima uscita dei sei produttori castrocaresi: Marta Valpiani, Tenuta Pennita, Poggio della Dogana, San Ruffillo, Fiorentini, Villa Bagnolo, si è voluta concentrare sui Sangiovese Superiore. Ponendo l’accento su «eleganza, bevibilità, sapidità», e certamente c’è anche una buona gastronomicità da evidenziare. In ordine di assaggio, il Fiorone 2019 della cantina Fiorentini (nelle prime colline che sovrastano il centro abitato di Castrocaro, 6.5 ettari di vigneti a 250 metri su un terreno dove predominano argille azzurre) evidenzia bene il frutto tipico di ciliegia al naso e in bocca, un tannino bene integrato certamente non potente e una beva piacevole. Tenuta Pennita (sulle colline che dominano il borgo mediceo di Terra del Sole dal 1974 con 28 ettari vitati su terreni con maggiore presenza di sabbie) presenta invece un Rosso 2020 che all’olfatto svela piccoli frutti rossi e viola e un tannino più deciso. Sorprende sempre per il suo rosso brillante prima poi, poi per un naso originale che unisce frutto e fiori gialli, per la pulizia e la piacevole sottigliezza e fragranza unita a un tocco balsamico, il Rio Pietra 2019 di Marta Valpiani (tenuta agricola di 34 ettari, a 300 metri di altitudine, nella collina di Bagnolo a Castrocaro Terme, in quella che veniva definita la Romagna Toscana). Scorrevole il Sassetto 2019 di Villa Bagnolo, fitto nel colore e con naso netto di viola e ciliegie, la freschezza in questo caso si sposa a un tannino più evidente di altri e a un buon estratto. Il Santa Reparata 2018 di Poggio Della Dogana, oggi vinificato solo in acciaio e domani in cemento, è appagante fin dall’analisi olfattiva che si carica di frutti neri di rovo. In bocca è sapido e masticabile, la salinità arriva. Dalla vigna più alta di Corte San Ruffillo il Sangiovese 2019 presenta un colore più scarico, un sentore di bosco più accentuato di piccoli frutti, scivola via piacevolmente. Ad accomunare vini e vignaioli c’è anche un altro elemento importante: producono ormai quasi tutti in biologico certificato.

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