I politici e l'Italia ingrata

Editoriali

Ora mi è tutto chiaro. L’incontro con il politologo davanti all’edicola ha fugato i miei dubbi.
Ecco la sua lucida analisi del voto che ha portato al trionfo di Giorgia Meloni.
«Gli italiani in fondo sono sempre stati un po’ fascisti. La retorica dell’uomo forte, i muscoli, i treni in orario. Anche Bettino Craxi piaceva perché ricordava lui. Quindi gli elettori si sono dimostrati superficiali perché non hanno capito il verbo del Pd che, a ragione, vanta una superiorità morale e culturale. Il popolo, in conclusione, ha ascoltato la pancia perché ha il cervello spento. Enrico Letta non ha sbagliato nulla, ma ha una proposta troppo intelligente per l’Italia».
Ora passiamo ai vincitori.
«Giorgia Meloni ha soffiato i voti sotto il naso a Matteo Salvini distratto dalla musica e dai drink del Papeete. Ma il capitano è infallibile, lei ha approfittato del momento di debolezza. Silvio Berlusconi? Resta un mito. Se ha perso tre quarti dei consensi è colpa degli infedeli che l’hanno tradito. Non parliamo di Matteo Renzi, un genio della lampada: ha brindato alla caduta di Giuseppe Conte e all’ascesa di Mario Draghi attribuendosi i meriti della manovra di palazzo. Troppo scaltro per un elettorato povero di spirito. Carlo Calenda è di un altro pianeta. Non è andato in doppia cifra? Le solite ingiustizie: la qualità non paga e i meriti non sono riconosciuti. Passando a Conte, malignano che non apra bocca senza consultarsi con Beppe Grillo e Marco Travaglio. Che gentaglia, tutta invidia per un grande avvocato e statista che ha scritto la storia d’Italia».
L’ultima battuta è per Luigi Di Maio: «Il fatto che non sia entrato in Parlamento è indice del basso livello in cui siamo caduti».
Morale della favola: guai ai vincitori che hanno rubato la partita. Il nuovo governo non durerà.

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