Tappa al Beky Bay di Bellaria, alle 21, per il “Teatrale Summer Tour” dei Negrita una delle band più iconiche del panorama musicale italiano, tour inziato nel 2019 per celebrare i primi 25 anni di carriera della band, poi sospeso ad inizio 2020
Come è stato ritornare a suonare di fronte al vostro pubblico?
“È stata un’emozione molto particolare – risponde Enrico “Drigo” Salvi chitarra dei Negrita – Abbiamo avuto la sensazione di vivere qualcosa di prezioso».
Avete affermato che il pubblico ha lo stesso peso specifico delle band: per chi fa musica non è possibile prescindere dai live?
«I live per una band sono essenziali. Ritengo che un concerto sia una sorta di rituale collettivo, come un rituale religioso, ritrovarsi insieme e scoprirsi con i cuori all’ unisono su una canzone, su determinate parole, ti fa vivere un’ emozione particolare di cui abbiamo bisogno, tanto più in questo periodo».
Sarà la musica a salvarci da questo periodo difficlie?
«La musica fa la sua parte per aiutarci ad uscirne e si prende la responsabilità di far circolare energia positiva. Oggi i limiti del distanziamento non permettono grandi interazioni ai concerti, ma l’importante è sentirsi insieme, sentirsi parte di una comunità anziché soli come lo siamo stati durante i lockdown».
Durante la pandemia avete scoperto o riscoperto percorsi paralleli alla musica ?
«La sensazione di sipario calato sul futuro, durante la pandemia, non ci ha permesso di scrivere. È stato inevitabile quindi confrontarsi con altre espressioni artistiche, Pau (Paolo Bruni) si è messo a disegnare e dipingere. Anch’io mi sono dedicato al disegno, amo da sempre questa forma espressiva che non coinvolge la parola».
Come siete cambiati in questi 27 anni di carriera, cosa avete conservato e cosa invece vi siete lasciati alle spalle?
«Quello su cui non siamo cambiati è l’attitudine umana con cui viviamo le cose, siamo persone molto reali e realistiche, molto alla mano, grazie anche alla complicità del vivere in una piccola città dove la dimensione umana non è mai spersonalizzante. Quello che invece è cambiato tantissimo è l’ arricchimento delle nostre esperienze. La musica per noi è stato un espediente per viaggiare il mondo in lungo e in largo per cercare nuove sonorità. Siamo musicisti, ma anche esploratori di civiltà diverse, di diverse filosofie, religioni, di diversi modi di mangiare e fare musica. Questo tipo di esperienze ci ha arricchito in maniera singolare e preziosa. Aver avuto contatti con cosi tanta umanità ha un valore instimabile».
C’è un brano su tutti che vi emoziona sempre come la prima volta?
«Forse “Ho imparato a sognare”, ci fa sentire che una band può passare indenne tra mille difficoltà e tensioni. Ogni contrasto cementa le nostre origini ci ricorda le motivazioni che ci hanno portato a determinate scelte quando ancora eravamo adolescenti. Ci ricorda che quelle scelte di allora si sono rivelate sorprendenti per gli adulti che siamo diventati oggi».
I contrasti quindi sono all’ordine del giorno per una band?
«La nostra band a differenza di altre è fatta di più teste pensanti, più persone che scrivono, è ovvio che a volte le dinamiche siano fluide e altre volte no, ma fino adesso abbiamo sempre ritrovato punti di contatto. Siamo consapevoli del valore intriseco del mettersi nella stessa stanza a lavorare sulle nostre canzoni».
Prossimamente cosa vi aspetta?
«Per il momento pensiamo solo a viverci questa estate cosi strana e particolare, ma anche cosi felice».