I Mondiali di calcio 2022 e la favola del Giappone. Dei: "Ecco come si è rilanciato il portiere Gonda a Cesena" - Podcast

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«Per fortuna che mi ha aiutato il Cesena». Chissà se mercoledì sera Shuichi Gonda lo ha pensato almeno per un secondo. Visto lo stile giapponese, tutto porta a pensare di sì. Dopo la vittoria sulla Germania, Gonda si è consegnato alla storia da portiere della sua nazionale, ma c’è stato anche un periodo buio della sua carriera in cui il Cesena gli ha lanciato un salvagente, o meglio un interruttore per riaccendere la luce e ripartire. Ma andiamo con ordine.


Carriera in un vicolo cieco

Storia del novembre 2015. Gonda, all’epoca 26enne, è in rotta con il Tokyo Fc, club che a Cesena dice già qualcosa, visto che è quello che lanciò nel grande calcio Yuto Nagatomo e che, dal gennaio 2014 fino a quel dicembre 2015 è stato allenato da Massimo Ficcadenti, tecnico dei romagnoli in Serie A nel 2010-2011. Visto che in Giappone c’è un senso della nazione e della Nazionale di calcio superiore al nostro, succede qualcosa che in Italia sarebbe impensabile: interviene la Federazione per evitare che un patrimonio vada perso. Capita allora che vedendo Gonda in difficoltà, si muova in prima persona Mashairo Shimoda, direttore tecnico della Jfa, la Federcalcio giapponese. Shimoda chiama un uomo di calcio che stima ed è cesenate, Washington Altini, manager, procuratore e organizzatore di eventi, da sempre trait d’union tra Italia e Giappone: «Shimoda - ricorda Altini - mi chiese se potevo trovare in Italia un club per fare allenare Gonda per qualche settimana. Era ai ferri corti con il Tokyo Fc, ma la Federazione non voleva che si perdesse. Di conseguenza, contattai il Cesena che rispose positivamente e così Gonda, che era stato il portiere della nazionale olimpica giapponese a Londra 2012, per due settimane soggiornò all’Hotel Casali e e si allenò a Villa Silvia con la Primavera di Angelini».


Lingua del campo

Neanche a farlo apposta, all’epoca il Cesena Primavera aveva in rosa un portiere italo-giapponese, Akira Fantini, che oggi gioca in Giappone in J-League 2 (allenato da Shimoda tra l’altro). Fantini lo aiuta con la lingua e a capire le direttive dell’allenatore dei portieri Emiliano Dei, ora preparatore dei portieri al Monterosi Tuscia: «Quando l’ho visto in tv, ho detto a mio babbo: “Lui l’ho allenato io” - racconta Dei, la cui intervista audio si può ascoltare sul sito del Corriere Romagna attraverso il Qr code qui a fianco - e vederlo in azione ai Mondiali è stata una gran bella sensazione. Lavorare a contatto di un portiere di livello internazionale fu una bellissima esperienza, anche perché Gonda fu allo stesso molto professionale ed estremamente simpatico con tutti. E sapete quale era il suo obiettivo? Andare al Mondiale. Ecco, vederlo in tv è stato bellissimo anche per quello: mi ricordavo le sue parole e ha dimostrato che il lavoro paga». Che tipo di portiere è Gonda? «Ha un buon fisico, anche se non clamoroso, ma soprattutto una grande forza esplosiva, come ha fatto vedere contro la Germania. Dove potrà arrivare il Giappone? Ha giocatori di qualità e se passerà il primo turno, potrà diventare una mina vagante. Il Mondiale riserva sempre belle sorprese, ma il Giappone è la dimostrazione che investendo sulle strutture poi si costruiscono ottimi giocatori».


«Grazie»

Un paio di settimane in Romagna e la carriera di Gonda riparte. Il contratto con il Tokyo Fc scade a marzo 2016 e Gonda va in Austria, allo Sportverein Horn, squadra di terza serie che in rosa ha altri tre giapponesi. Il motivo? Il proprietario del club è Keisuke Honda: sì, proprio l’ex attaccante del Milan, amico da sempre di Gonda. Diciassette partite in Austria, una promozione in seconda divisione e il ritorno in Giappone: allo Sagan Tusu, allenato da Ficcadenti. Quindi una puntata in Portogallo alla Portimonense e di nuovo in patria allo Shimizu S-Pulse, la sua squadra attuale. Gli anni del rilancio proseguono fino al Mondiale. «Mercoledì ho inviato un messaggio di congratulazioni a Gonda - chiude Altini - il messaggio l’ho scritto in inglese e lui ha risposto con un “Grazie Washington”. Un po’ di italiano gli è rimasto dentro».

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