I dolori dello sport giovanile: "Non posso venire a giocare, i miei genitori non mi fanno vaccinare"

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La storia è di qualche giorno fa. Lanfranco Giannini, direttore generale del Rimini United, società dilettantistica di San Giuliano, arriva al campo di via Brennero come tutti i pomeriggi. Mentre sta per entrare in sede, si accorge che poco più in là, proprio vicino alla tribuna, c’è un giovane che piange. Si avvicina e gli chiede che cosa sia successo. «La risposta che mi ha dato è stata una coltellata in pieno petto. – racconta ancora con una certa emozione – Mi ha detto che suo babbo e sua mamma non volevano vaccinarlo ‘ma io voglio giocare con i miei amici, voglio stare con loro’. Ho cercato di rassicurarlo, ma non credo di esserci riuscito. Il problema è che in questi giorni, di casi come questo, ne abbiamo avuti un altro paio. Come fai, però, a dire qualcosa ai genitori? Anche perché molti di loro sono vaccinati e hanno solo paura per i propri figli. Questa cosa non è successa solo da noi, altre società, purtroppo, hanno avuto casi come questo. Lo dico senza tanti problemi, è una sconfitta per tutto lo sport, non solo per il calcio. Come puoi pensare di dire a un ragazzino che magari ha fatto decine e decine di tamponi, adesso non puoi più giocare con i tuoi amici? Non sono un medico, ma non credo che ci voglia molto a capire che una situazione del genere possa generare anche problematiche ben più gravi nei ragazzi».

Chi non gioca più

Ci sono altri due aspetti che Giannini sottolinea e non sono di poco conto. «Con l’entrata in vigore del Green Pass rafforzato abbiamo perso, per ogni categoria, dai due ai tre ragazzi. Addirittura ci sono squadre che tra ritirati e positivi, sono completamente decimate. E il rischio è che lo rimangano a lungo. Mi spiego, a oggi il protocollo ‘Return To Play’ per la ripresa dell’attività sportiva di un atleta risultato positivo, prevede la visita dopo un mese dall’ultima negatività. Il problema è che quando vai a chiedere un appuntamento a una struttura, c’è da aspettare tra i venti e i trenta giorni. Alla fine della fiera, passano due mesi con il rischio che il ragazzino non venga più. E se i genitori dovessero chiederci una parte di soldi indietro? Sarebbe un bel problema».

Ecatombe sotto rete

Dal calcio alla pallavolo cambia davvero poco. «Sto cercando di capire, squadra per squadra, quante ragazze mancano tra positive e chi, invece, ha deciso di fermarsi perché non ha il Green Pass. – spiega Cristina Bini, presidente della Pallavolo Viserba – E’ un’ecatombe, ci sono gruppi praticamente azzerati, soprattutto nella fascia 15-18. Parlando specificatamente della nuova norma, sì, abbiamo perso un paio di giocatrici per categoria, anche qualcuno della prima squadra». Discorso leggermente diverso in casa Athena. «A livello di prima squadra non abbiamo avuto nessun tipo di problema, tutte le ragazze si sono vaccinate. – dice con un certo orgoglio Cristiano Vitali – E anche a livello giovanile, non c’è stata l’emorragia che qualcuno si aspettava. Anzi, abbiamo avuto richieste per venire a giocare da noi e questo è una grande soddisfazione». Chi non dovrebbe avere problemi perché gioca all’aria aperta è l’ultimate, detto volgarmente frisbee. Invece, a sentire l’avvocato Eugenio Festa, vicepresidente della Libera Società del Frisbee, anche qui qualche problema c’è. «Come società, dall’inizio della pandemia, abbiamo deciso di seguire alla perfezione tutti i protocolli. Anzi, a volte siamo stati addirittura più stringenti. Però con il Green Pass rafforzato possiamo farci ben poco, anche se giochiamo all’aria aperta: qualche ragazzo, soprattutto nella fascia 15-18, lo abbiamo perso». La paura, invece, continua a fare ‘novanta’ all’interno delle palestre. «I numeri pre Covid e post Covid sono lì a dimostrarlo. – conferma Stefania Gusmano del Tiberio Wellness – La gente, purtroppo, ha paura e noi, insieme alle piscine, siamo state tra le attività che hanno pagato il prezzo più alto. E continuiamo a farlo anche se, per fortuna, il Green Pass rafforzato non ci ha creato grosse problematiche».

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