Uno scarabocchio della faccia, un maglione pesante sopra a una gonnellina, un volume sottobraccio. Nell’angolo destro la nuvoletta da fumetto che dice: «Siamo nel 1999. Vorrei scrivere un libro…». È Liliana Betti, con la sua indolenza di aspirante scrittrice, vista nel futuro da Federico Fellini. Così la collaboratrice del regista riminese appare scherzosamente in una delle numerose caricature che fanno parte del Fondo Betti – 109 disegni e 7 cartoline – che andrà presto ad aggiungersi alla collezione del Museo Fellini di Rimini. Grazie a una convenzione di deposito (di durata ventennale) con la Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna, sono in arrivo infatti a Rimini i disegni di Federico Fellini appartenuti a Liliana Betti e acquistati nel 2020 dal ministero della Cultura con l’intento di destinare il tutto all’allora costituendo Museo Fellini.
In un’altra delle caricature del Fondo Betti la collaboratrice di Fellini è ritratta mentre scrive e fuma. «Scrivi, scrivi» è del resto l’esortazione-imperativo che le rivolge in altre occasioni, ossessivamente, il maestro.
Diversi sono invece i ritratti di collaboratori e bozzetti di personaggi per film, tra i quali quelli per Il Casanova, La città delle donne e I clowns.
L’ultima volta che si è parlato pubblicamente di Liliana Betti e di quel patrimonio di disegni, per lo più caricature, realizzati e avuti da Federico Fellini, erano passati dieci anni dalla morte della storica collaboratrice: classe 1934, scomparsa nel 1998, Liliana Betti è stata segretaria e poi soprattutto aiutoregista del maestro dalla metà degli anni Sessanta fino al film La città delle donne del 1980. Nel 2008, dopo essere rimasta custodita nella sua abitazione di Adro, in provincia di Brescia, quella mole di disegni inediti fu presentata al pubblico in una doppia mostra curata da Enrico Ghezzi e Domenico Montalto (prima nel paese di origine poi al Teatro dei Filodrammatici di Milano). Il titolo di quell’evento fu Fellini e la sua musa: come a voler obbedire a una narrazione che ancora oggi vuole che accanto a ogni grande artista tutte o quasi le donne siano muse.
Laura e Liliana
Sarà anche perciò che il nome di Liliana Betti viene spesso e volentieri confuso con quello di un’altra (così definita) musa, la Laura Betti di Pier Paolo Pasolini. Fatto sta che Liliana Betti, andrebbe invece ricordata come una delle instancabili colonne che furono a fianco del regista riminese e lasciare perdere almeno per una volta le allusioni alle muse ispiratrici, al circolo delle amanti, spasimanti e via discorrendo.
Liliana Betti è stata segretaria di produzione quindi assistente alla regia per i film di Federico Fellini a partire da Giulietta degli spiriti (1965). Il suo ruolo inizia a definirsi in quella fase della carriera del maestro riminese che viene dopo i grandi successi de La dolce vita e di 8½ e quando – dopo Giulietta degli spiriti – molte cose cambiano nella cerchia dei collaboratori, a partire dagli sceneggiatori. Non vediamo più al lavoro il trio Flaiano-Pinelli-Rondi ma in veste di sceneggiatore compare una nuova figura, quella dello scrittore Bernardino Zapponi, che esordisce al fianco di Fellini nel mediometraggio Toby Dammit, tratto da un racconto di Edgar Alan Poe. Sarà Liliana Betti, dopo avere letto e riassunto per il maestro i Racconti straordinari dell’autore americano, a indicare a Fellini il testo dal quale sarà tratto il mediometraggio: Non scommettere la testa col diavolo.
Liliana Betti sarà anche regista, insieme a Maurizio Mein, di Diario segreto di Amarcord, documentario sul backstage del celeberrimo film del 1973, dove compare anche il provino di Sandra Milo per il ruolo della Gradisca. Con Gianfranco Angelucci ha invece realizzato E il Casanova di Fellini?, altro dietro le quinte di un capolavoro felliniano.
In mostra
I materiali della raccolta Betti, che vanno ad aggiungersi ai fondi di altri importanti collaboratori del maestro riminese come quello dei fratelli Geleng, di Norma e Rita Giacchero e di Ennio Flaiano, saranno certamente oggetto di una mostra per farli conoscere al pubblico. «È nostra intenzione realizzarla entro l’anno» assicura il direttore del Museo Fellini Marco Leonetti. Il deposito del Fondo al Museo Fellini «è un atto dovuto alla città di Rimini» commenta Giorgio Cozzolino, direttore regionale Musei Emilia-Romagna. «L’acquisizione di questo deposito va nella direzione di fare sempre più del Fellini Museum un centro di interesse mondiale» riferisce il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad.