I cinquemila ucraini che vivono a Rimini tra lacrime e preghiere

Sono oltre 5.000 le persone di origine ucraina che vivono in provincia di Rimini, in grandissima parte donne. In quella che è la seconda comunità più grande in regione dopo Bologna si vivono ore di angoscia in stretto collegamento con la patria invasa. Ma anche di grande solidarietà collettiva, qui e per fortuna ovunque.

“Grazie Rimini”

Natalia Basarab è uno dei punti di riferimento della comunità ucraina di Rimini, la si potrebbe definire la portavoce anche se a oggi non c’è una vera associazione organizzata. In queste ore è però lontana dalla Romagna, la guerra la chiama a dare il suo contributo quasi al confine. «Sono a Trieste, sono appena arrivata su richiesta dell’Arci nazionale e sto lavorando con l’Onu per accogliere i rifugiati e i profughi» spiega. «Quello che sta accadendo in Ucraina non è purtroppo una sorpresa. Il mondo non avrebbe mai creduto a un attacco così? Noi sì e sono otto anni che lo ripetiamo ovunque: Putin ha iniziato i suoi piani già 10 anni fa e questi sono tutti pretesti per allargarsi sempre di più: ma nessun ucraino pensa di arrendersi e smettere di rispondere. Anche se fossimo soli a difenderci, noi andremmo avanti per salvare il nostro territorio e la democrazia».

Per fortuna, invece, la rete della solidarietà e la controffensiva dell’Europa si sono messe in moto immediatamente. «Rimini è straordinaria, tantissimi imprenditori e tantissime persone con disponibilità si sono attivati subito. Stiamo raccogliendo moltissimi aiuti umanitari per il nostro popolo che partono quotidianamente su mezzi per l’Ucraina. Ci sono già più di 100 rifugiati accolti negli alberghi e stanno predisponendo anche un asilo per tenere i bambini e aiutare le famiglie che assistono nell’emergenza come volontari. Ci sentiamo molto seguiti e assistiti dagli enti e dalle istituzioni ed è molto importante, perché non abbiamo una vera e propria associazione ma una sorta di rete della comunità ucraina: ci sentiamo quotidianamente per organizzarci e ci vediamo quasi tutti i giorni».

Anche per scambiarsi informazioni e se possibile contatti con i parenti sotto attacco. «Ho una cugina a Kiev che da 5 giorni non esce dalla metropolitana (glielo impediscono per la sua incolumità) e un cugino a Kharkov, due dei punti più caldi. Tutti i giorni riesco a sentirla con un breve messaggio in cui mi limito a chiedere se stanno bene e se vogliono scappare perché nel caso posso fornire tutte le dritte e i contatti, ma loro non vogliono fuggire e abbandonare il Paese. La gente sta nei rifugi, nei sotterranei, nelle città più tranquille c’è ancora la connessione online e con whatsapp e viber si riesce a parlarsi».

Gruppi di preghiera online

Don Victor Igweh è invece il cappellano della comunità cattolica ucraina del nostro territorio, che ha due chiese, quella ortodossa e quella appunto in cui si trova il sacerdote. «Stiamo vivendo un momento di grande dolore, ogni ora muoiono persone a noi care, vengono distrutte città e non si va certo verso la pace, anzi, si peggiora di giorno in giorno. Questo sta provocando la fuga e l’arrivo di tanti profughi che scappano per proteggere la loro vita: qui a Rimini vediamo che tutti si stanno preparando ad accoglierli e ringraziamo il prefetto che ha chiamato a raccolta i sindaci e ha attivato una bella rete di solidarietà» esordisce proprio all’uscita dal confronto in Prefettura. «Siamo una comunità coesa, che partecipa alla vita della parrocchia anche se con il Covid si sono per forza di cose allentati i contatti di gruppo. Stiamo cercando di vederci il più possibile per momenti di preghiera e rosario collettivi, ma è difficile perché molte ucraine sono qui a Rimini a fare le badanti e devono avere il permesso delle famiglie in cui lavorano. Famiglie che per il timore del contagi non possono certo concederglieli tutti i giorni: tante donne stanno quindi organizzando preghiere collettive online utilizzando strumenti quali le dirette Zoom, Viber e Facebook» rivela.

Don Victor in patria ha la famiglia, fortunatamente al momento al di fuori dell’epicentro del terrore: «Riusciamo a sentire i nostri parenti, perché il Governo sta mantenendo e riallestendo le linee Internet che truppe russe distruggono al loro passaggio: comunico tutti i giorni con i miei genitori e mio fratello che stanno all’Ovest e sono ancora in una zona tutto sommato tranquilla, anche se tre-quattro volte al giorno devono scendere nei bunker. Prego per loro, per tutti gli ucraini e perché finisca questo orrore».

Al Post Service nuove partenze

Chiude il cerchio Marina Samuilenko, la responsabile del Post Service Ucraina di Rimini: «La gente è molto generosa e stiamo raccogliendo ogni giorno medicinali e cibo: sono già arrivati a disposizione quattro camion pieni di aiuti umanitari ed è in partenza il quinto camion che stiamo caricando. In patria purtroppo manca tutto, ma per fortuna tutti stanno aiutandoci in maniera incredibile».

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