I bombardamenti austriaci sulla città nella “Grande guerra”

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L’entrata dell’Italia nel conflitto europeo a fianco dell’Intesa, contro gli Imperi centrali, regala subito delle amare sorprese ai riminesi. Il 24 maggio 1915, primo giorno di guerra, alle cinque del mattino gli austriaci bombardano la città dal mare. Obiettivo delle unità navali austro-ungariche è la linea ferroviaria, in questo particolare frangente utilizzata dall’esercito italiano per fluire dal sud al nord in direzione del fronte. L’incursione provoca un morto e alcuni feriti con danni alle abitazioni e guasti alle linee telegrafiche e telefoniche. Il 18 giugno arriva il secondo attacco: un incrociatore e sette cacciatorpediniere sparano all’impazzata in direzione delle officine ferroviarie di via Tripoli, inaugurate nel marzo del 1915, e del ponte della ferrovia sul porto-canale. Colpita la chiesa di Sant’Antonio, danneggiati alcuni edifici privati, qualche ferito tra la popolazione, ma soprattutto paura, rabbia e sgomento. La gente, che non comprende i motivi strategici delle azioni nemiche, entra in una situazione di grande turbamento collettivo. Ai pompieri, messi in stato di allerta, è affidato il compito di accorrere dopo i bombardamenti per prestare i primi soccorsi e rilevare i danni. Il sindaco Adauto Diotallevi redige un manifesto: «Cittadini! Le prime rappresaglie nemiche hanno preso di mira la nostra città. Le autorità vi tuteleranno e prenderanno tutte le misure precauzionali possibili: intanto nessun scoramento, nessuna trepidazione, perché le sorti della Patria sono affidate al valore dei nostri soldati di terra e di mare. Rimini non si scomponga da quella calma che è sicuro indizio di forza e rinsaldi quella fede, che, basata sul buon diritto, guiderà l’Italia al raggiungimento del suo radioso avvenire. Viva l’Italia!».

Allo scopo di evitare che la popolazione sia colta alla sprovvista da ulteriori incursioni, il Municipio adotta dei provvedimenti cautelativi basati sui segnali d’allarme della campana della torre civica. In caso di bombardamento aereo, specifica l’ordinanza comunale, si procede con il suono a stormo, se invece la minaccia arriva dal mare i rintocchi saranno a «ritmo lento». Nella prima evenienza si consiglia di evitare assembramenti «nelle vie e nelle piazze», nella seconda è doveroso recarsi nei ricoveri più vicini: le cosiddette «grotte-rifugio» che si trovano nelle cantine e nei sotterranei delle abitazioni contraddistinte –riferisce L’Ausa del 14 agosto 1915 – da una «stella blu». Affinché i segnali d’allarme abbiano maggiore efficacia sono ripetuti dalle campane della cattedrale e delle chiese dei quattro borghi. Il cessato pericolo è trasmesso dalle trombe dei pompieri che percorrono le strade e i vicoli della città in autocarro e in bicicletta.

Durante la fase di allarme – specifica il settimanale cattolico riminese –il servizio telefonico è precluso ai privati per restare a totale disposizione delle autorità civili e militari. Dopo i primi due bombardamenti dal mare giungono anche quelli dal cielo. Incursioni aeree si hanno il 15 dicembre, l’11 gennaio e il 15 febbraio 1916. Quest’ultimo bombardamento aereo procura la seconda vittima civile. Gli obiettivi sono sempre gli stessi: il porto canale, la stazione, le officine ferroviarie. A contrastare gli attacchi è allestito un «treno armato » con soldati appostati sui vagoni. Le incursioni aeronavali austriache proseguono, ma sono di volta in volta ostacolate e rese “i n s ig n i fi c a nt i ” dalle postazioni a difesa della città: una batteria contraerea e un apparecchio Farman. A dare man forte ai pompieri, nella loro quotidiana opera di soccorso, si aggiunge un drappello di militari: i cosiddetti “solda - ti- pomp ieri ”. Questi saranno impiegati prevalentemente in lavori di allestimento e di sistemazione dei rifugi antiaerei (VGC R, seduta del 23 luglio 1918).

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