I 50 anni del mitico Borgorosso con Alberto Sordi presidente

LUGO. Quest’anno ricorrono due importanti anniversari dell’“Albertone nazionale”: il centenario della sua nascita e il cinquantesimo dell’uscita del film Il Presidente del Borgorosso football club. Una pellicola che vede come mattatore un grande Alberto Sordi diretto da Luigi Filippo d’Amico; la storia di un giovanotto che eredita la società calcistica, stravolgendola con folle e goliardica incoscienza.
Rivederlo e riascoltarlo oggi fa sempre un certo effetto, soprattutto se alcune scene vengono contestualizzate all’emergenza Covid-19. “Dov’è la gente? Ci sarà un’ epidemia? È un paese deserto, ma dove si saranno rintanati tutti?”: sono proprio queste le parole che usa Sordi rivolgendosi alla madre, mentre guida la sua auto, passando da Lugo e arrivando a Bagnacavallo. La produzione ha scelto questo lembo di terra romagnola «perché serviva una popolazione di tifosi molto calda, piena di sangue e di impegno», come dichiarò allora il regista. Immaginarono questo paese virtuale, che comprende sia Lugo che Bagnacavallo, inventandosi il comune di “Borgorosso”. Nessuno sa di preciso perché venne scelto questo nome così passionale, forse per dar l’idea del facinoroso e verace, oppure per sottolineare una certa colorazione politica, allora poco opacizzata.
Per il presidente venne scelto il nome Benito Fornaciari, per richiamarne un po' quella sagoma mussoliniana sulla quale giocava molto, in perfetta antitesi con il pensiero comune. Una delle scene più bizzarre è proprio quella del discorso alla sua folla – con toni e atteggiamenti inequivocabili – dal balcone di Palazzo Graziani a Bagnacavallo: da un lato, quello frontale, un “duce” ridicolizzato, dall’altro, quando la cinepresa lo immortala da dietro, con una gonnellina da ballerina.
«La commedia venne girata nei mesi di maggio, giugno e luglio – racconta Giorgio Minguzzi di Bagnacavallo, un giovane archivista cinematografico che organizza le mostre su Alberto Sordi –. Lugo si usò per lo stadio comunale appena inaugurato e la cantina della Tenuta Valli; Bagnacavallo venne utilizzata per le varie residenze, Palazzo Graziani e Casa Rusconi, poi il teatro e il suo bar, per finire col municipio e la piazza, mentre a Tredozio c’era il ritiro della squadra».
Alberto Sordi soggiornò al centralissimo hotel San Francisco di Lugo, e spesso lo si poteva incontrare; salutava sempre e se aveva tempo non disdegnava un equo baratto tra dialetti, romano e romagnolo.
Nella pellicola invece l’ingresso a Lugo inizia col presidente e la madre in auto mentre costeggiano il monumento di Baracca (allora la viabilità lo permetteva) e da lì è un susseguirsi di storie e personaggi; molti protagonisti e tante comparse vennero proprio ingaggiati sul territorio. «La parte calcistica fu gestita dal Baracca Calcio, dal suo direttore tecnico Rino Cavalcanti (che interpretò il sindaco Aristide Bulgarelli), mentre per la parte arbitrale fummo chiamati io, Lino Angelini, Luigi Biggi e Bruno Facchini – ricorda l’assessore allo Sport degli anni ’80 Alvaro Valmori, che nel film era il celebre guardalinee –. Eravamo “comparse specializzate” e pagati molto bene: 9mila lire al giorno oltre al cestino del pranzo, quando le comparse normali ne prendevano 3mila, e gli stipendi in fabbrica erano circa 50mila».
Molti degli attori che impersonavano le zebre del Borgorosso erano giocatori del Baracca, tra cui due lughesi che calcheranno i campi della massima serie: Valerio Spadoni (mezzala della Roma e della Nazionale Under 23) e il portiere Oriano Testa che passerà al Bologna. «Ho fatto la comparsa un solo giorno, ma ricordo molto bene le scene girate allo stadio – racconta Ivan Rossi, per anni all’ufficio sport del Comune di Lugo e iconico sportivo –. Troppo bella la scena dell'invasione di campo per la sfuriata del presidente con l’ arbitro; sono ancora visibili i tagli che furono praticati nei pali di sostegno della recinzione per favorire l'abbattimento della rete metallica: non sono mai stati sostituiti e si possono vedere i rinforzi coi bulloni che li tengono fissati».

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