Sanità Emilia-Romagna, “blocco” degli esami, lo Smi: «Si gioca con la vita dei pazienti»

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  • 26 luglio 2025

BOLOGNA. A Bologna, le rassicurazioni della Regione Emilia-Romagna non bastano: dopo lo Snami, anche lo Smi, un altro sindacato dei medici, contesta la riduzione degli esami prescrivibili. Il blocco «di moltissimi esami» «porta a sballottare i pazienti da un ambulatorio all’altro senza curarsi della perdita di tempo che gli si arreca nella vita familiare e lavorativa», manda a dire lo Smi «esterrefatto per l’ennesima decisione unilaterale assunta dalla Regione: senza alcun preavviso né confronto sindacale». Michele Tamburini, segretario regionale dello Smi, assieme ai vice Gaetano Guzzardella e Fabio Brinati, definisce «assurdo che la Regione giochi così con la vita dei pazienti. Non è possibile che per esami di laboratorio, diagnostici e specialistici anche di uso comune, i medici di famiglia siano costretti a indirizzare i loro pazienti agli specialisti senza poter usare il proprio ricettario dematerializzato o dover ricorrere alla fine solo alla carta bianca, con tutti i disagi che ne conseguono». Ad esempio, proseguono i tre medici: «Immaginate il caos per i pazienti che provengono già da uno specialista, magari del privato convenzionato, che ha suggerito alcuni esami non potendoli prescrivere direttamente se non su ricetta bianca a pagamento, e che devono andare dal medico del servizio pubblico per la prescrizione. Il cittadino andrà dal medico di famiglia che non potrà prescrivere l’esame suggerito e dovrà chiedere un’altra visita specialistica, sperando di trovare un posto entro un tempo utile alla diagnosi e cura (visti i tempi di attesa) in una struttura pubblica, affinché un altro specialista possa prescrivere quello che un altro specialista aveva già suggerito». Inoltre, più «si creano i presupposti per un balzello in più che porterà a rimpinguare le casse regionali senza che nessuno obbietti niente».

Per lo Smi, «ancora più grave» è l’effetto di «limitare l’autonomia clinica del medico, ledendo la libertà prescrittiva e il rapporto fiduciario con il paziente: il medico dovrà dire che non ha modo di aiutare il paziente. Questo è fuori da ogni logica volta a voler alleggerire il sistema già ingabbiato di suo. I medici devono ‘demandare ogni indagine anche suggerita da colleghi privati convenzionati’. Le strutture specialistiche già poche e sotto pressione per carenza di organico e liste d’attesa, si sovraccaricheranno inutilmente». Dunque, Tamburini, Guzzardella e Brinati, si chiedono quali siano «le strategie recondite della Regione se non quelle ovvie e sotto gli occhi di tutti: aumentare le casse regionali, scardinare il rapporto medico paziente, umiliare e relegare definitivamente la medici di famiglia a meri scribacchini e segretari dei loro pazienti e ottenere bassa manovalanza per una Regione che non mostra alcun lume della ragione volto a far funzionare il sistema sanità. Il risultato è una medicina territoriale umiliata, costretta a operare senza strumenti, mentre la burocrazia e la politica regionale invadono sempre più pesantemente l’atto clinico e la libertà professionale del medico». Anche lo Smi chiede quindi la sospensione immediata del provvedimento e il ripristino della prescrivibilità, la pubblicazione dei criteri tecnici e giuridici che hanno motivato la scelta. Il medico di medicina generale «non è un burocrate amministrativo. Questo atto dell’assessorato sembra volto a distruggere ulteriormente la figura del medico e la funzione professionale e clinica che esso deve avere all’interno del servizio sanitario e non ultimo mette in difficoltà migliaia di pazienti, specialmente i più fragili e anziani», affermano i tre dirigenti dello Smi.

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