Romagna, aumenta il tasso di emigrazione dei giovani, allarme della Cisl

RIMINI. Il tasso di emigrazione dei giovani tra i 18 e i 34 anni in Romagna (province di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna) è salito dal 2011 ad oggi da 2 a 7,9 cancellazioni ogni mille residenti. A dirlo è il nuovo report elaborato dalla Fondazione Nord Est, in esclusiva per Antares e l’Osservatorio CISL Romagna sulle trasformazioni dell’economia e del lavoro.
«Nel 2011», spiega in una nota la Cisl Romagna, «la provincia di Rimini rappresentava quasi la metà di questa emigrazione giovanile (48%), ma oggi, pur restando il territorio con la maggiore vocazione migratoria, il suo peso si è ridotto al 36%. Al contrario, le province di Ravenna e Forlì-Cesena hanno visto un vero e proprio boom di giovani espatriati, con numeri che sono rispettivamente quadruplicati e quintuplicati. Questo riequilibrio territoriale testimonia come la fuga dei giovani non sia più un fenomeno circoscritto a poche aree, ma una realtà diffusa e in espansione».
«Se da un lato», dice ancora la Cisl, «è vero che parte dell’aumento registrato nel 2024 deriva da un adeguamento normativo che ha reso più rigorosa l’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), dall’altro la crescita complessiva della fuga di giovani è un trend consolidato dal 2020 e non si può più attribuire a fenomeni temporanei o emergenziali. Il dato registra infatti una realtà di lungo periodo, che mostra una progressiva perdita di giovani, e soprattutto di giovani qualificati, dalla nostra regione. È proprio tra i giovani laureati che il fenomeno si fa più evidente. Il report evidenzia come quasi due terzi degli emigrati nella fascia 25-34 anni possiedano una laurea o titoli terziari. In particolare, le province di Parma (67,6%), Bologna (64,4%) e Forlì-Cesena (60,9%) registrano le percentuali più elevate di laureati tra gli espatriati, con valori superiori al 60%. Anche Ravenna, Ferrara e Rimini mostrano valori rilevanti, attorno al 50% (Rimini 49,2%, Ferrara 51,7% e Ravenna 54,5%). Si tratta quindi di una vera e propria emorragia di competenze e di capitale umano, una perdita che pesa non solo a livello demografico, ma soprattutto in termini di sviluppo economico, innovazione e futuro sociale del territorio».
«Un dato che sorprende», aggiunge però il sindacato, «è che questa crescita dell’emigrazione giovanile non si traduce in un calo della popolazione giovanile residente. Infatti, dal 2020 al 2024 la popolazione tra i 18 e i 34 anni nelle province romagnole è addirittura aumentata, segnando un +4% a Forlì-Cesena e Rimini e un +9% a Ravenna. Ciò significa che il fenomeno è collegato ad un aumento medio della popolazione giovanile in provincia e che rimanda alla scelta di molti di loro di cercare all’estero opportunità che il territorio non offre, rivelando la necessità di approfondire le cause profonde di questa partenza».
Tra queste cause, oltre a quelle strettamente legate al mercato del lavoro, «un elemento sempre più rilevante», afferma la Cisl «è la difficoltà di trovare una casa accessibile e adeguata. I costi degli affitti sono cresciuti in modo significativo negli ultimi anni nelle province romagnole, creando un ostacolo concreto per molti giovani, specialmente per chi non ha un lavoro stabile o non può contare su un reddito sufficiente a sostenere spese elevate. La difficoltà a conquistare un’abitazione propria o anche solo un alloggio dignitoso rappresenta una vera e propria barriera che spinge tanti a guardare oltre confine, alla ricerca di condizioni di vita più sostenibili e di maggiore autonomia».
«La fuga dei giovani – afferma Francesco Marinelli, Segretario Generale CISL Romagna – non è un dato episodico ma il segnale di profonde difficoltà strutturali del nostro territorio. La mancanza di opportunità lavorative stabili e qualificate, unita alla crescente difficoltà di trovare una casa accessibile, stanno creando un ambiente nel quale i giovani non riescono a costruire il proprio progetto di vita e sono costretti a partire. È un’emorragia che sottrae competenze, energie e speranze, con un costo sociale ed economico altissimo. Per questo riteniamo indispensabile costruire un patto territoriale che metta insieme istituzioni, imprese e sindacato, per rilanciare il lavoro stabile, investire nella formazione e garantire politiche abitative che rispondano ai bisogni reali dei giovani.»
Il Segretario Generale sottolinea inoltre che «non basta trattenere i giovani a qualunque costo, ma bisogna dare loro motivi concreti per restare o tornare. Il lavoro precario, i bassi salari e l’incertezza abitativa devono essere affrontati con politiche pubbliche e accordi di filiera che creino opportunità vere. Solo così la Romagna potrà invertire la rotta e trattenere quel capitale umano che rappresenta la sua più grande ricchezza»
Il report della Fondazione Nord Est mette in luce anche l’altra faccia della medaglia: l’immigrazione giovanile straniera, che contribuisce a riequilibrare parzialmente la popolazione giovane residente. Tra il 2011 e il 2024, infatti, l’Emilia-Romagna ha accolto quasi 187 mila giovani stranieri nella fascia 18-34 anni, con una forte prevalenza di provenienza dall’Europa orientale, in particolare Romania, Albania e Ucraina, seguiti da Asia-Pacifico e Africa. Nelle province romagnole, la provenienza europea resta dominante, anche se con differenze territoriali, a testimonianza della complessità e della dinamicità del mercato del lavoro locale.
«L’emigrazione giovanile è un fenomeno che richiede attenzione immediata e strategie integrate – conclude Marinelli -. La Romagna si trova davanti a una sfida cruciale per il proprio futuro: trattenere e attrarre giovani qualificati significa mettere al centro il lavoro di qualità, la casa e la possibilità di costruire un progetto di vita. È urgente un impegno condiviso per invertire una tendenza che rischia di impoverire il territorio e comprometterne la crescita economica e sociale».