Rimini. L’allarme di Ires: «A rischio idraulico più del 25% di suolo cementificato»

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«E’ necessario intervenire, e anche in fretta. Invece che si fa? Si continua a cementificare. Perfino in zone ad alto rischio alluvionale». Gianluca De Angelis, ricercatore Ires, Istituto ricerche economiche e sociali che fa capo alla Cgil, rilancia l’allarme. E dopo un primo Sos sollevato all’indomani della catastrofica alluvione che nel maggio 2023 devastò ampi territori della Romagna, ieri, il rapporto Ispra sul consumo di suolo in mano, mette, di nuovo, in guardia istituzioni e categorie economiche.

«Da questo studio risulta che oltre il 25% del suolo cementificato in provincia di Rimini è a rischio idraulico elevato. Ovvero consumiamo suolo in cui è statisticamente ragionevole attenderci un ritorno di fenomeni alluvionali almeno tra i 20 e i 50 anni. E mi tengo molto largo coi tempi, viste le tempistiche sempre più ravvicinate di fenomeni alluvionali in alcune aree dell’Emilia-Romagna».

Fiumi e torrenti col pericolo esondazione incombente, dunque. Ma non solo. Perché, fa notare De Angelis, oltre alla fragilità idraulica c’è da aggiungere, sempre nel Riminese, anche «un 13% di suolo cementificato su un territorio ad elevata pericolosità franosa». Per cui, appare chiara e urgente la necessità di «ragionare sull’opportunità di cominciare a liberare il suolo per ridurre l’impatto degli eventi più estremi». «E se questo non può riguardare le città - avverte il ricercatore Ires -, è evidente che alcuni insediamenti devono poter essere ripensati, anche per preservare la sicurezza di chi ci lavora». Tradotto: più capannoni industriali o fabbricati insistono su un’area a rischio idraulico e franoso maggiore è l’esposizione per chi si trova all’interno.

Ma passiamo ai numeri, che più di ogni altra cosa evidenziano ciò che è accaduto in questi anni in riviera e nell’entroterra. «Il Riminese - puntualizza De Angelis - risulta essere il territorio con il suolo più consumato di tutta la regione: il 12,55%. Per un incremento, rispetto al 2022, dello 0,2%, quando gli ettari mangiati dalla mano dell’uomo si attestarono sugli 11.416, ovvero il 12,4% dell’intera superficie provinciale». Là dove Maiolo, Cattolica e Novafeltria, con, rispettivamente, il 4,1%, lo 0,44% e lo 0,42% di territorio consumato in più sul 2022, risultano essere i comuni che nel 2023 sono stati meno rispettosi dell’ambiente. E questo nonostante, nel 2017, la Regione Emilia Romagna abbia varato una legge contro il consumo di suolo e a protezione dell’ambiente.

Osserva allora il ricercatore: «Rispetto a 7 anni fa si sono persi nel Riminese 185 ettari di suolo libero. E i comuni in cui la cementificazione è stata maggiore, tra il 2017 e il 2023, sono risultati Rimini (52 ettari mangiati), Santarcangelo (con il 19,6% di superficie sparita) e Novafeltria (16,6%). Maiolo e Riccione, invece, si sono “giocati” 14,6 e 12,3 ettari di suolo. Con Maiolo che si è attestato come il comune dove il cemento è aumentato di più: 15,4% dell’intera superficie». E’ evidente, quindi, fa notare De Angelis «quanto sia urgente mettere mano alla legge del 2017 e modificarla, visto che, in questi anni, si è mostrata insufficiente, se non a risolvere il problema almeno ad attenuarlo».

Va detto, infatti, che in Emilia Romagna il consumo di suolo, nel 2023 sul 2022, è aumentato dello 0,4%, pari a 734 ettari, per un totale di 200.547 ettari cementificati, pari all’8,91% dell’intera superficie regionale, contro una media nazionale del 7,16%. «E questo - chiosa De Angelis - ha portato l’Emilia Romagna ad occupare il quarto posto, dopo Veneto, Lombardia e Campania, della poco onorevole classifica delle regioni italiane maggiormente cementificate».

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