Rimini. In malattia fa il buttafuori in discoteca. Il Consiglio di Stato boccia il ricorso: agente della polizia penitenziaria non sarà reintegrato

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  • 27 novembre 2025

La sezione sesta del Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso presentato contro un pronunciamento del Tar dell’Emilia Romagna dall’assistente capo della polizia penitenziaria in servizio ai Casetti, destituito dal suo incarico per la falsa attestazione di una malattia durata tre giorni, dal 19 al 21 agosto 2011, durante i quali aveva invece lavorato come buttafuori alla discoteca Baia Imperiale di Gabicce Mare. L’uomo, difeso dall’avvocato Daniele Paolella, dovrà pagare anche 3mila euro di spese. Per i medesimi fatti l’assistente capo era stato rinviato a giudizio con l’accusa di truffa, falso ideologico e materiale, ma il tribunale di Rimini nel 2020 aveva dichiarato il non doversi a procedere per intervenuta prescrizione del reato. L’uomo, la cui condotta era stata ritenuta dal Corpo «gravemente lesiva del prestigio e del decoro dell’amministrazione di appartenenza», si era rivolto al Tar contro l’espulsione per eccesso di potere, chiedendo senza successo che non si esaminasse il ricorso.

Davanti al tribunale regionale, il dipendente aveva dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato, ritenendo essere vittima di un atteggiamento persecutorio da parte dell’Amministrazione di appartenenza e deducendo che, nell’occasione, si era limitato solo ad accompagnare la figlia in discoteca. In più, non era stato messo nelle condizioni per partecipare al procedimento disciplinare in quanto malato. Il Tar aveva respinto il ricorso, in quanto anche in presenza di un provvedimento del giudice penale sull’intervenuta prescrizione, l’Amministrazione può comunque promuovere un procedimento disciplinare con irrogazione della relativa sanzione, adducendo altresì che l’attività di indagine aveva comunque accertato lo svolgimento di attività di buttafuori nei giorni in cui doveva essere a casa in malattia, come testimoniato anche da alcuni clienti del locale e dal responsabile della sicurezza.

Per di più, il medico curante che rilasciò il certificato, dichiarò di aver sentito il paziente solo telefonicamente e di non averlo incontrato di persona. I clienti del locale invece affermarono di averlo visto personalmente proprio all’interno della discoteca. Il tribunale amministrativo rilevò che le argomentazioni del ricorrente erano rimaste sfornite di prova e non dimostrate e tale condotta aveva senza dubbio rilievo disciplinare, configurando una violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, nonché correttezza e buona fede. L’Amministrazione aveva quindi ampi poteri di vagliare la sanzione disciplinare più adeguata al caso di specie. Al citato provvedimento il dipendente ha proposto appello, ma il Consiglio di Stato ha ritenuto le deduzioni proposte in parte infondate e in parte inammissibili, arrivando a respingere il ricorso e confermando così la decisione del Tar.

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