Rimini, «Il prof mi molestava, è stato terribile: volevo smettere di andare a scuola»

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«Passerà e un giorno sarà un brutto ricordo, ne sono certa. Ma gli anni delle superiori resteranno sempre momenti spiacevoli, anni da dimenticare. Mi era venuta voglia di smettere di andare a scuola. Quello che mi ha fatto più male, e che oggi brucia ancora, è stato essermi sentita abbandonata da chi doveva proteggermi».

A parlare è Sara, la chiameremo così, con un nome di fantasia, per identificare una ragazza riminese di poco più di 20 anni che ha subito battutine, “palpeggiamenti” e attenzioni indesiderate da parte di un professore della sua scuola, per praticamente tutti gli anni delle superiori. è la ragazza che ha denunciato il docente ultrasessantenne (ora in pensione) che la settimana scorsa ha patteggiato una pena di due anni di reclusione, commutata in una multa da seimila euro nei confronti di due delle tre ragazze parti lese a processo. Una di loro, infatti, aveva già accettato un risarcimento di minore entità in fasi precedenti della vicenda giudiziaria.

Sara, pensa che giustizia sia stata fatta?

«Io so di avere fatto quello che dovevo, niente di più e niente di meno. Ho provato un senso di sollievo nel rendermi conto che “le cose” non erano solo nella mia testa. Chi è stato chiamato a testimoniare ha raccontato cos’era accaduto, tanto che le altre due ragazze parti offese inizialmente erano solo testimoni, ed è stato il pm, dopo le loro deposizioni, a individuare reati anche nei loro confronti. Ma dalla scuola non c’è stata una presa di posizione. Non c’è stata prima, fino a quando non è cambiato il preside, e non c’è stata nemmeno dopo il processo. Chi sapeva tutto era nella scuola. E non c’è stato appoggio».

Aveva chiesto aiuto e hanno minimizzato?

«All’inizio sì, soprattutto la preside che dirigeva la scuola i primi anni. Aveva fatto così con me, cercando di insabbiare l’accaduto e minimizzandolo, e so che lo stesso era successo ad altre studentesse. Diverse ragazze prima di me avevano raccontato che il prof aveva l’abitudine di passare tra i banchi, raccogliere le verifiche o i quaderni sfiorando i seni con i gomiti con il dorso delle mani, di fare battutine allusive, mandare messaggi alle alunne, chiedere informazioni sulla vita personale, sui morosi ad esempio, chiamare alla lavagna quasi esclusivamente femmine. Insomma, approcci indesiderati che riservava solo alle ragazze. Ad esempio, si avvicinava nell’intervallo per sapere cosa stessimo facendo, si interessava alle nostre faccende private, ma con i maschi non lo faceva mai.

Io stessa inizialmente non mi ero resa conta che quelle “cose” che faceva erano molestie, ma mi restava addosso un senso di disagio, come se ci fosse qualcosa di sbagliato. I primi anni di superiori era piccola. Ho maturato la consapevolezza in seguito, soprattutto in quinta. Durante il Covid mi era capitato di fare lezioni in presenza, solo io e lui in classe, con gli altri collegati in dad, e si era creata una situazione di disagio tale che ho dovuto smettere, anche se a casa avevo problemi di connessione. E poi durante le call capitava che a noi femmine ci dicesse “guardate che dalla telecamere si vede se sotto siete vestite...”. Erano sempre battutine, commenti sgradevoli: i nostri compagni di classe maschi ci dicevano che a loro faceva schifo come ci trattava.

E la cosa peggiore è che in quella scuola lo sapevano tutti che succedeva questo. Bidelli, professori, addirittura alcuni genitori dei miei compagni, a cui era capitato quando loro stessi erano alunni».

Qualcuno l’ha sostenuta?

«Sì, una professoressa con cui ero molto in confidenza, che mi ha suggerito di parlarne con il preside nuovo e poi mi è stata vicina durante il processo. Non so se lui mi credesse davvero, però è intervenuto, ha fatto rapporto, tutto quello che era in suo potere. Ha avuto un atteggiamento completamente diverso rispetto alla preside precedente e a un’altra professoressa a cui mi ero rivolta».

Come ha reagito il prof alla denuncia?

«Quando ho saputo con certezza che aveva ricevuto la notifica della querela gli ho scritto un lungo messaggio, spiegandogli perché l’avevo fatto. Ho usato parole dure, volevo che capisse cosa avevo provato tutti quegli anni per colpa sua. Volevo fargli capire che io avevo capito e non avevo fatto finta di nulla. Lui cosa mi ha risposto? “Mi dispiace e mi ferisce quello che dici. Ti auguro di stare bene”».

Gli anni di superiori l’hanno segnata?

«Emotivamente questa vicenda mi ha segnato molto. Ho fatto fatica a relazionarmi con i ragazzi, ancora oggi sento quel senso di disagio. Anche se sono passati due anni, non mi sento del tutto di aver superato il fatto e mi dà fastidio pensare che la scuola avrebbe potuto fare molto di più, ma non l’ha fatto. Però sono contenta che sia emerso, che si sia parlato di una brutta situazione che hanno vissuto anche tante altre alunne. Dopo l’uscita dell’articolo sul processo mi hanno scritto almeno cinque ragazze solo per dirmi che succedeva anche nella loro classe, e mentre andavo a scuola ne ho conosciuto almeno una decina, più grandi o più piccole di me, a cui capitava lo stesso. Perché non si è fatto niente? Perché nessuno ha denunciato? Non so, forse perché scoraggiati in partenza ... senza prove, come si poteva dimostrare? Io avevo amici disposti a testimoniare, e il fatto di sapere che lui stava per andare in pensione mi ha motivata. Non volevo che tutto cadesse nel dimenticatoio passando sotto traccia».

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