Rimini, delitto di Pierina Paganelli. “Può uccidere senza lasciare tracce”: le capacità militari, per l’accusa, incastrano Dassilva”

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Louis Dassilva avrebbe avuto la capacità di uccidere senza lasciare tracce. Le sue qualità militari acquisite nell’addestramento ricevuto in Senegal lo porterebbero a disporre di tutti gli strumenti per uccidere una persona senza che questa versi una goccia di sangue, come nel caso della povera Pierina Paganelli. L’hanno sostenuto gli inquirenti, il sostituto procuratore Daniele Paci e gli agenti della squadra mobile di Rimini, in una corposa memoria che sarà pesata notevolmente davanti al Tribunale del Riesame di Bologna. I giudici della libertà, infatti, lo scorso 11 settembre hanno confermato la misura cautelare in carcere disposta dal gip di Rimini, Vinicio Cantarini su richiesta del pm, per l’omicidio della pensionata riminese il 3 ottobre 2023 nel garage di via Del Ciclamino. La Procura dunque traccia in 200 pagine di memoria un profilo preciso dell’indagato utilizzando le dichiarazioni della moglie Valeria Bartolucci e quelle dello stesso Dassilva rese agli inquirenti.

Nel passato del 34enne senegalese, prima militare poi miliziano per una società privata specializzata nella difesa delle personalità politiche, ci sono violenze e sevizie molto gravi. Dassilva racconta di essere arrivato con un barcone dalla Libia nel 2015, ma il suo viaggio era iniziato quasi un anno prima. Ha attraversato il deserto dal Niger, è rimasto del tempo nella città di Saba raggiunta con un trafficante di uomini. Il racconto di Dassilva è quello di uomo che per sopravvivere ha dovuto affrontare ed usare a sua volta la violenza sul atri esseri umani. “Ci facevano combattere tra noi detenuti per scommessa”, ha raccontato agli inquirenti.

Il sospetto più o meno legittimato da un tragico passato è che il 34enne per sopravvivere abbia dovuto uccidere. Dove la vita umana ha un valore sempre più esiguo, per cui l’Occidente dovrebbe portarne il peso sulla coscienza, si finisce inevitabilmente a reagire. Dassilva inoltre spiega ai poliziotti italiani che dal suo lavoro dipendeva tutta la sua famiglia, i due figli e la moglie lasciati in Senegal. Prima di arrivare a Rimini ha attraversato un inferno. Ha fatto il carcere in Libia, provando la privazione del sonno e del cibo, ed ora è detenuto ai Casetti di Rimini per un omicidio del quale si dice innocente. Ma - sempre secondo delle dichiarazioni della moglie Valeria Bartolucci - la preparazione militare di Dassilva gli avrebbe permesso di uccidere una persona “senza che questa versi neanche una goccia di sangue”.

Affermazione che per gli inquirenti ha avuto una grande valenza investigativa, non solo per la capacità offensiva fisica del 34enne , che neanche sarebbe servita nei confronti di una povera pensionata inerme, ma psicologica. Quale è il valore dato alla vita umana se si deve difendere un bene più alto e assoluto? Secondo l’accusa questo bene più alto è stato rappresentato dall’amore per Manuela Bianchi, vista da Dassilva come una “vittima” della famiglia del marito.

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