Processo ai certificati compiacenti per non portare la mascherina e fuggire dal vaccino Covid

Certificati “falsi” emessi da un medico genovese per esentare le persone dall’indossare la mascherina nel pieno della pandemia da coronavirus, e sollevarne altre dagli obblighi vaccinali. È iniziato ad entrare nel clou nell’aula del giudice Marco De Leva il processo che vende coinvolte una ventina di persone (a parte il medico primo imputato, quasi tutte residenti in Romagna) per la vicenda che prese vita a Cesena e che è arrivata in aula da un’indagine della Digos di Forlì coordinata dal pm Sara Posa.
Sabato 3 aprile 2021 in piazza Del Popolo andava in scena il “No paura Day 18”. Con molti relatori invitati a parlare e una situazione di tensione con le forze dell’ordine che portò a 4 multe per mancate prescrizioni su mascherine e distanziamenti e a un denunciato per oltraggio a pubblico ufficiale.
In quel contesto però accadde anche altro. La Digos infatti venne per la prima volta a contatto con qualcosa di cui fino a quel momento aveva solo sentito parlare vagamente. Un uomo che sottoposto ad accertamenti esibì un certificato medico che lo sollevava “per motivi di salute” dall’utilizzo dalla mascherina protettiva contro la diffusione del virus. Un certificato che insospettì gli investigatori prioritariamente perché non era stato stilato dal medico di medicina generale della persona controllata (che era romagnola) ma arrivava invece da un dottore con studio medico fuori regione.
Da questo primo dato partirono le indagini degli uomini della Digos che nel giro di qualche tempo portarono alla Procura prove sufficienti per chiedere una serie di rinvii a giudizio.
Al centro di tutto, il dottor Roberto Santi, 70enne di Sestri Levante che, secondo le accuse, nel tempo prima e dopo l’inizio delle investigazioni di polizia aveva assegnato certificazioni a tutti gli altri imputati ora a processo. Senza visitarli (ma dietro compenso) aveva secondo l’accusa spedito via posta ordinaria o per posta elettronica esiti di “controlli medici” che esentavano il possessore della certificazione (o loro parenti ed affini) dall’indossare la mascherina o dal sottoporsi, nel successivo futuro, alle prime dosi vaccinali anti Covid, che in alcuni casi, come per il personale sanitario ad esempio, erano fondamentali per poter avere normale accesso al posto di lavoro. In aula ad ora il dirigente della Digos di Forlì-Cesena Enrico Gardini ha ripercorso, con le domande di pubblico ministero e difese, il percorsod ell’invetigazione che ha portato alla ventina di rinvii a giudizio.