Grossi, Fimmg: «In provincia mancano 11 medici di base. Carenza anche a Rimini, noi svalutati»

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In provincia di Rimini mancano undici medici di base. Le ultime assegnazioni, avvenute lo scorso luglio, hanno lasciato scoperti dunque numerosi ambulatori, e non solo nelle aree montane e più difficile da raggiungere, ma anche nel territorio comunale di Rimini e nei centri di Morciano e Bellaria. Un fenomeno che «una decina di anni fa non si sarebbe verificato». Giulia Grossi, segretaria provinciale Fimmg, il sindacato maggiormente rappresentativo dei medici di base in Italia, spiega quali sono le circostanze che hanno portato a far sì che a differenza del passato, «quando i giovani medici aspettavano anche cinque anni in attesa che si liberassero posti vacanti in cui esercitare come medici di medicina generale», ora siano di più gli ambulatori disponibili rispetto agli aspiranti dottori. «La seconda convocazione è prevista alla fine di ottobre: i posti vacanti verranno assegnati ai giovani ancora in formazione. Solo allora sapremo quali territori non sono stati coperti per mancanza di domande in quelle zone specifiche. Cosa che presumibilmente succederà».

Un lavoro delicato»

«E’ una tendenza che si osserva ovunque - spiega Grossi, in questi giorni in Sardegna proprio per un convegno di Fimmg - e per diverse ragioni. In primis per un’errata programmazione, legata anche al test di ingresso a Medicina, che colpisce tutte le specializzazioni, poi la svalutazione di cui soffre questa professione, poco raccomandata in primis durante gli anni universitari. Alcuni dicono che siamo “i fannulloni della sanità”. Poi c’è il percorso di specializzazione regionale, che dura tre anni e non fornisce una retribuzione adeguata, come invece avviene per gli specializzandi, costringendo i futuri medici di base a cercare nel mentre altre occupazioni, facendo Guardie mediche e turni di notte».

Un altro aspetto non secondario, di natura piuttosto pratica, «è la mole di responsabilità addossata al medico: oltre alla cura dei pazienti, che spesso raggiungono il tetto di 1.500 in pochi mesi invece che in 10 anni come avveniva un tempo, ci sono gli adempimenti burocratici, sempre più opprimenti, e le responsabilità legate al fatto di svolgere un pubblico servizio». Nel concreto, spiega Grossi, «se io medico di base mi ammalo, le opzioni sono due: o trovo un sostituto, a mie spese come del resto segretarie, infermiere e utenze dell’ambulatorio, oppure non lavoro, causando interruzione di pubblico servizio. Questa è un’altra delle ragioni per cui comuni come Casteldelci, Montecopiolo, Sassofeltrio, ma anche Verucchio e Poggio Torriana, sono “sotto” con i medici. E’ più difficile poter contare su una rete di sostituti in luoghi in provincia che in centro a Rimini».

Quello del medico di base, primo baluardo della cura, inoltre, «è un mestiere delicato, che presuppone la capacità di instaurare un rapporto di fiducia con i pazienti, di lavorare in team con altri professionisti come infermieri, psicologi e servizi sociali, che richiede capacità di agire e prendere decisioni in fretta, di gestire anche managerialmente il tempo, l’ambulatorio e le persone che lavorano insieme al medico. Ecco perché già negli anni dell’università andrebbe valorizzato di più questo mestiere, che non è certo facile come alcuni credono, ed è anche la ragione per cui la scuola di formazione, di competenza regionale, dovrebbe incrementare qualità e fornire un apprendimento che sia il più possibili vicino alla reale professione».

In sintesi, per sopperire a quella che negli anni minaccia di diventare una carenza cronica, vista la riduzione generalizzata delle domande nell’ambito medico, bisognerebbe «recuperare l’orgoglio di essere medici. Ci vuole un maestro che sia orgoglioso di quello che sta facendo il suo allievo». «Perché il medico di medicina generale - conclude la segretaria provinciale Fimmg- è l’ultimo baluardo della sanità pubblica che può essere scelto, con la possibilità di cambiare medico se non piace. Perdere tutto ciò sarebbe un grave peccato».

Posto pronto

Chi di certo non faticherà a trovare un posto di lavoro dopo la laurea e la suola di specializzazione è il medico di Medicina d’urgenza. Lo dice con convinzione il presidente dell’Ordine dei medici riminese Maurizio Grossi, che di fronte a una situazione non certo rosea individua l’area che langue di più. «In Italia le assegnazioni a Pronto soccorsi, reparti di Medicina d’urgenza e Centrali operative sono andate deserte al 60%, con 600 posti vacanti totali. Le cause sono nelle criticità di questo mestiere, e lo vediamo anche a Rimini, tra aggressioni verbali e anche fisiche». Specialisti, inoltre, secondo il presidente dell’Ordine, sono difficili da reperire anche Chirurgia generale e Anatomia patologica, dunque vetrini e analisi di laboratorio. «Sì - conclude - ci sono più posti disponibili degli aspiranti medici».

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